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Quando l'ambasciatore fa la spesa in Rolls Royce

Il nuovo libro di Giustiniani smaschera la solita casta dei superburocrati italiani da 27mila euro al mese. Netti

Quando l'ambasciatore fa la spesa in Rolls Royce

La morale è una: dei nostri dannati superburocrati non ci libereremo mai. Con due tragicomici e arcinoti primati: i dirigenti pubblici italiani sono i più pagati del mondo e i cittadini i peggio serviti. Chiamateli come volete: casta, oligarchia, nomenclatura, potentato, papaveri, mandarini, bramini. La definizione scelta da Corrado Giustiniani, per venticinque anni inviato speciale del Messaggero , è Dinosauri (Sperling & Kupfer): «Li ho chiamati così nella speranza che si estinguano. Ma poiché hanno 50 anni di media, credo che dovremo aspettare». In Italia, ci sono persone che diventano ricche coi soldi pubblici, che hanno bonus e privilegi pur non producendo risultati. E questo accade ovunque: nei soliti Camera e Senato, nei ministeri e a Palazzo Chigi, in Rai e alla Banca d'Italia, alla Corte costituzionale e nel parastato, nelle 19 Authority e nelle agenzie fiscali, nelle Regioni (la Sicilia in primis ) e in tutti gli enti locali dove si muova una scartoffia: 200mila dirigenti sulla carta, 70mila con compiti effettivi. Singolare che a promuovere l'aumento dei loro stipendi siano stati proprio due uomini di centrosinistra: Massimo D'Alema e Giuliano Amato.

Giustiniani la chiama «La grande abbuffata». Hanno in media 52 anni e sette mesi e guadagnano poco meno di 300mila euro l'anno. Succede, dunque, che nel ministero delle Politiche agricole un capo di gabinetto guadagni 275mila euro mentre l'omologo britannico 192mila (il 43% in meno). Che i nostri tre capi di dipartimento guadagnino in media 287mila euro a testa (il 70% in più che in Inghilterra). Che nel ministero degli Affari esteri il segretario generale della Farnesina prenda 301mila euro l'anno (il 15% in più dell'omologo britannico). Che il capo di gabinetto sia a 240mila e quello britannico a 151mila. Che i nostri otto direttori generali abbiano una paga media di 240mila euro mentre sempre in Inghilterra i loro tre ne guadagnino 164mila. Al ministero dell'Economia idem con patate: i 4 direttori generali percepiscono 289mila euro contro i 154mila degli inglesi. La media degli altri 57 dirigenti di prima fascia è di 176mila euro contro i 110mila dei 17 director general del Regno Unito. Al ministero della Salute il capo dipartimento oscilla attorno ai 240mila euro contro i 192mila dell'omologo britannico. I 14 direttori generali sono a 232mila rispetto 164mila dei soli 5 britannici.

Non parliamo poi della diplomazia extralusso alla quale Giustiniani dedica un capitolo. A parte la Rolls Royce con la quale l'ambasciatore d'Italia in Belgio va a fare shopping, il nostro Paese ha 127 sedi di rappresentanza nel mondo. Un bel carrozzone che ci costa un fottio di soldi. I diplomatici sono 1.019 per 185 ambasciatori con stipendi da 320mila euro l'anno. L'ambasciatore italiano a Tokyo guadagna 27mila euro netti al mese, quello a Washington 24mila 600, il plenipotenziario all'Onu 23mila 700.

Ebbene, Sandro Pertini nel 1975 si dimise da presidente della Camera quando seppe che il suo stipendio era inferiore di 200mila lire mensili a quello di un dattilografo di Montecitorio. Da allora è cambiato tutto.

Sì, in peggio.

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