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Quando vestire una donna diventa un'opera d'arte

Al museo Bourdelle in mostra le creazioni di Balenciaga Intanto Givenchy riedita in rosso 27 pezzi storici

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Parigi «Gli stilisti si sentono sempre un po' artisti. A volte hanno ragione» dice Olivier Saillard davanti a un tailleur in canettè di lana nera del 1952. È una delle fulminanti creazioni di Cristobal Balenciaga esposte al museo Bourdelle di Parigi da domani fino al prossimo 16 luglio per la mostra Balenciaga, l'opera al nero. Titolo migliore non si poteva scegliere per un'esposizione dedicata a un vero e proprio alchimista della couture definito il Picasso della moda dai critici dell'epoca, «il maestro di tutti noi» secondo Christian Dior. Solo uno dei meravigliosi capi in mostra non è stato concepito in nero e Saillard, direttore del Palais Galliera e del Museo della moda della città di Parigi, racconta che nel XVII secolo in Francia venne creato un pigmento capace di fissare perfettamente la tinta sulla stoffa senza dare quelle orrende sfumature rossicce o grigiastre che tolgono regalità agli abiti. L'esposizione è comunque concepita come un omaggio sentito e dovuto alla Spagna in cui è nato questo genio della moda e dove è stata fondata 100 anni fa la sua maison poi trasferita in Francia. Inevitabile pensare alle opere di Goya e di Velasquez davanti alle pazzesche creazioni che pure dialogano magnificamente con le sculture di Antoine Bourdelle, assistente e braccio destro di Rodin. Saillard rivela di aver pronte altre due mostre per così dire spagnole: una sugli abiti tradizionali il prossimo giugno alla Maison Victor Hugo e una in ottobre su Mariano Fortuny al Galliera che ha appena ricevuto una sontuosa donazione di 5,7 milioni dalla maison Chanel per aprire nel 2019 una nuova galleria in cui esporre la propria collezione permanente. L'unica iniziativa italiana sembra essere il museo effimero della moda organizzato sempre da Saillard a Firenze in occasione del prossimo Pitti di giugno. Ma il dibattito su arte e moda è più vivo che mai con buona pace di Coco Chanel che diceva «La moda non è arte, deve morire e morire presto perché viva il commercio». Esemplare in questo senso l'intelligente operazione compiuta da Givenchy che ha perso un direttore artistico come Riccardo Tisci e nel periodo d'interregno (dovrebbero presto arrivare i Proenza Schouler, ovvero Jack McColloug e Lazaro Hernandez) ha deciso di rieditare in rosso i 27 pezzi più significativi creati da Tisci nei suoi 12 di lavoro per la maison. Scopri così che un meraviglioso vestito a spicchi del 2007 oppure il tailleur pantaloni dello scorso inverno sono talmente belli da meritare una sorta d'eternità. Inoltre con questa mossa Givenchy può continuare a vendere capi e accessori di sicuro successo e senza dover pagare le pesanti penali che il Gruppo Kering ha dovuto versare a Hedi Slimane per aver venduto come continuativi i pezzi più interessanti tra quelli creati dal 2012 al 2016 durante la sua direzione artistica di Saint Laurent. Anche da Hermès c'è un continuo gioco dei rimandi storici tipico dell'arte. Così la borsa più bella tra quelle viste in passerella ieri è la 2002, un modello a tracolla creato nel 1972 e già allora battezzato con una data a venire. Il resto sono capi con un certo non so che di montagna incantata per via delle bretelle di cuoio, dei ricchi montoni (sensazionale quello bianco rovesciato) e degli stivali allacciati come pedule da scalata. Invece da John Galliano Bill Gaytten rispolvera un tema su cui ha già lavorato con lo stesso Galliano da Dior, ovvero la marchesa Casati. La sua è una rilettura meno letterale, ma certo alla musa di Giovanni Boldini han guardato e continuano a guardare tanti stilisti compreso il nostro Gianfranco Ferrè e Tom Ford ai tempi di Saint Laurent. Forse il problema non è tra la moda e l'arte, ma tra le donne e la vera eleganza. «Me ne vado, non ci sono più donne» disse Balenciaga chiudendo il suo atelier nel 1968.

Difficile dargli torto.

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