Politica

Quarto, la sindaca ci ripensa «Non mi sentivo minacciata»

In audizione all'Antimafia la Capuozzo si rimangia i ricatti e intimidazioni che diceva di aver ricevuto dall'ex consigliere De Robbio. I pm insistono ora sulle pressioni dai vertici M5S

Pier Francesco BorgiaRoma Sì, no, forse. L'audizione di ieri sera in Commissione parlamentare antimafia di Rosa Capuozzo, primo cittadino di Quarto (Napoli), è stata una sceneggiata che ha inanellato una dopo l'altra, una serie di banalità, luoghi comuni e contraddizioni. Dopo aver più volte detto che l'ex consigliere comunale Giovanni De Robbio avrebbe messo in atto nei suoi confronti un tentativo di estorsione per imporre incarichi, nomine e assunzioni, anche attraverso messaggi whatsapp intimidatori, ieri sera la Capuozzo si è rimangiata tutto e alla Camera ha fatto un vistoso passo indietro edulcorando le sue parole: «Io all'inizio non mi sentivo minacciata dal consigliere De Robbio, lo percepivo come molto guascone. Si appoggiava spesso ai meetup e sconfinava dal suo ruolo. Era un esibizionista, cercava di prevaricare, questo sì. Per me era gravissimo che mi si volesse fare incontrare degli imprenditori per lo stadio, ed ho chiesto l'espulsione ma questo non è avvenuto e questo avveniva già in luglio». Il Movimento Cinque Stelle, che la vuole fuori, insorge: «Il punto di questa vicenda è l'esile distinzione che lei fa tra pressione e ricatto che usa a seconda di chi sia il suo interlocutore», dice il vicepresidente della Commissione Antimafia Claudio Fava. «Il 9 novembre con suo marito parla apertamente di ricatto ma lo esclude quando parla dell'incontro con De Robbio e Intemerato nel suo ufficio, e racconta che la foto del presunto abuso edilizio era custodita in una cassaforte di un geometra che le veniva sollecitato per un'assunzione. Ma questo non è un ricatto? Perché non lo dice al magistrato?», chiede Fava. E sottolinea poi anche un altro punto: «Lei dice di essersi ribellata alla pressioni politiche affermando che è il sindaco che decide sui suoi assessori, ma perché poi in un interrogatorio racconta di essersi rivolta a Roberto Fico per farsi indicare nomi, affermando che se fossero arrivate dal direttorio si sarebbero evitate discussioni?». Tanti interrogativi, ai quali la Capuozzo non risponde. «Siamo stati trattati come reietti: noi siamo stati espulsi e gli assessori indicati da Fico non sono mai arrivati», replica lei. Dai brani dei verbali degli interrogatori della Capuozzo arrivati sui vari organi di informazione emerge l'interesse degli inquirenti su un punto, evidentemente ritenuto fondamentale: il «direttorio» sapeva delle pressioni ricevute dal sindaco? Insomma, in una inchiesta che mira a stabilire le condotte e le responsabilità eventualmente penali (e quindi sicuramente personali), viene il dubbio sull'utilità e la cogenza di questo tipo di domande. Perché, cioè, chiedere se terzi sapessero o meno dei tentativi di ricatto e condizionamento? La posizione della diretta interessata, intanto, assume contorni sempre più negativi nei confronti del «direttorio». In uno dei messaggi inviati al vicesindaco, la Capuozzo si lamenta del vicepresidente della Camera: «Ci ritiene incompetenti.

Di Maio dovrebbe scendere da piedistallo».

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