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A quasi 60 anni l'Europa è a pezzi: un continente diviso in sei blocchi

La Germania leader ha i suoi satelliti. Il resto? Paesi dell'Est, «Club med», uscenti, le «moneylands». E il Belgio dei burocrati

A quasi 60 anni l'Europa è a pezzi: un continente diviso in sei blocchi

Se quest'Europa non vi piace pazientate solo un po'. Alla soglia dei suoi 60 anni l'Unione Europea sembra essersi incamminata autonomamente sulla strada del suicidio. E le celebrazioni del sessagenario, fissate a Roma a marzo 2017, rischiano di sancirne l'inevitabile trapasso. L'ultima rasoiata l'Unione se l'è tirata al summit di Bratislava. Convocato per sanare le debolezze e trasformatosi, invece, in una tagliola che ha letteralmente affettato il serpentone europeo. Di quel serpentone già oggi, non sopravvive più un corpo unico, ma sei tronconi con ben poche speranze di ricomporsi. Da quelle reliquie della defunta scommessa europea, potrebbero prender forma gli agglomerati destinati a disegnare la nuova geopolitica del Vecchio Continente.

GRANDE GERMANIA

Il macroblocco rappresentato simbolicamente da quel duo Hollande-Merkel che ha chiuso il summit di Bratislava e fatto schiumare Matteo Renzi, dovrebbe costituire il nocciolo duro del dopo-Ue. Un nocciolo formato non solo da Germania e Francia, ma anche quegli stati del nord - Paesi Baltici, Finlandia e una Svezia senza euro - legati a doppio filo a Berlino. La conformazione, già minata dalla sproporzione tra la potenza della Germania e l'inadeguata crescita economica francese, potrebbe però non superare la prossima primavera. Le elezioni di aprile e maggio anche se non regaleranno la presidenza a Marine Le Pen costringeranno il prossimo inquilino dell'Eliseo ad adottare posizioni più euroscettiche per contenere l'avanzata del Front National. L'asse Parigi-Berlino rischia dunque d'aver vita breve. E all'ulteriore dissesto contribuiranno le scelte di una Merkel costretta, in vista delle legislative di autunno, a soddisfare la voglia di rigore e di controllo dell'immigrazione pretese dal suo elettorato

CLUB MED

A evocare la nascita di un dissestato fronte-Sud ci ha pensato il premier greco Alexis Tsipras promotore, una settimana fa, di un fronte anti austerità con la presenza ad Atene di Matteo Renzi, di Hollande e dei rappresentanti di Portogallo, Grecia, Malta e Cipro. A questo «Club Med», in cui rischia di finir risucchiata anche la Francia in caso di rottura con Berlino, resterebbero in eredità i problemi creati dall'Europa della Merkel. Al dissesto dell'economia greca si aggiungerebbero, oltre agli eterni problemi di bilancio italiani, quelli di Spagna e Portogallo (che Mediterraneo non è geograficamente ma lo è culturalmente) già nel mirino di Bruxelles per disavanzi superiori al 5,1% e al 4,4% del Pil rispetto al 3% consentito. Per non parlare delle politiche Ue sull'immigrazione che hanno trasformato Grecia e Italia nei campi profughi dell'Europa.

VISEGRADIANI

Anche a Bratislava Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, le quattro nazioni dell'est legate dal patto di Visegrad, hanno fatto muro di fronte a tutte le politiche di ripartizione dei profughi adottate dalla Ue. A loro potrebbero associarsi in caso di frammentazione del progetto europeo anche Romania e Bulgaria. Ma anche il blocco di Visegrad è tutt'altro che compatto. A minarlo dall'interno sono i rapporti con Mosca. Mentre Ungheria e repubblica Ceca guardano con simpatia alla Russia Varsavia la considera una minaccia permanente.

USCENTI

Austria, Paesi Bassi e Danimarca potrebbero tra breve abbandonare l'Unione. In Danimarca il partito Popolare Danese alleato del governo di centro destra di Lars Løkke propone da tempo un referendum. Lo spettro di un voto anti Ue minaccia anche l'Austria dove la ripetizione del ballottaggio può regalare la presidenza al candidato di destra Norbert Hofer. Lo stesso può avvenire nei Paesi Bassi dove il candidato euroscettico Geert Wilders è il grande favorito del voto del prossimo marzo.

MONEYLAND

Lussemburgo e Irlanda, due paesi al servizio delle multinazionali con legislazioni studiate ad hoc per garantire l'elusione delle tasse europee, potrebbero continuare a svolgere il ruolo di paradisi fiscali delle grandi aziende internazionali.

BUROCRATISTAN DI BRUXELLES

All'interno dello stato fallito del Belgio sopravvivono le istituzioni europee che continuano ad emettere regole e a stampar carta moneta senza più nessun reale potere in un'Europa dominata dalla Merkel.

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