Cronache

Quegli eroi su sci e racchette. Nel ghiaccio per salvare vite

La marcia nella notte di dieci finanzieri verso l'hotel. Grazie al loro coraggio due persone sono ancora vive

Quegli eroi su sci e racchette. Nel ghiaccio per salvare vite

Immagini d'altri tempi. Gli uomini fanno leva sulla racchette per strappare un altro metro al percorso. Sci e pelli di foca per superare la grande muraglia. Pare una cartolina rubata a una Olimpiade anni Cinquanta o, ancora più indietro, un fotogramma dell'epopea finlandese nel conflitto contro il colosso sovietico. Invece è la notte fra mercoledì e giovedì e siamo sotto il Gran Sasso. Dieci finanzieri del Soccorso alpino sono i primi a raggiungere le rovine dell'hotel Rigopiano. E a evitare la morte per assideramento dei due sopravvissuti.

In realtà da Penne è partita un'autocolonna molto più robusta: sei ambulanze del 118, sette mezzi dei vigili del fuoco, forze di polizia. Eccoli a Farindola, nove chilometri dall'albergo devastato. Sono in ritardo, anche perché si sono perse due ore abbondanti prima di prendere sul serio l'allarme lanciato intorno alle 17.30. Ma gli intoppi non sono finiti: dopo Farindola la strada è un sentiero o poco più. Si va avanti a rilento, sotto la tormenta, in condizioni proibitive. E poi ci sono ostacoli di tutti i tipi: è evidente che la strada è stata abbandonata a se stessa, la manutenzione non c'è stata e in piena notte è inutile chiedersi di chi sia la responsabilità.

Ma c'è di più: a un certo punto i soccorsi si trovano davanti a una slavina che ha ostruito il passaggio. Un muro alto tre o quattro metri. Altro che spazzaneve, il famoso spazzaneve che avrebbe dovuto raggiungere l'albergo alle tre del pomeriggio o alle cinque, le versioni divergono, per permettere agli ospiti di andarsene a casa. Lo spazzaneve non è mai partito, la via è un toboga adatto più ai bob e agli slittini. Sembra davvero di stare in guerra, pare di essere in una pagina della ritirata di Russia, stile Centomila gavette di ghiaccio. A quell'ora gli sfortunati turisti - tra cui pare quattro bambini - sono già morti, dopo aver atteso nella hall, con le valigie pronte, il «rompighiacci» che non c'era.

Ma due uomini sono ancora vivi, rintanati in un'auto, e ogni momento è prezioso. Chi corre verso l'hotel a quattro stelle non conosce la situazione e vuole solo accelerare le operazioni troppo lente. Mancano ancora cinque chilometri, un'eternità.

Dieci finanzieri si staccano, come un'avanguardia. Impugnano le racchette e spingono su quelle piste impraticabili, fra buche e strapiombi. Due ore per cinque chilometri, poi finalmente il rudere del resort viene raggiunto. Sono all'incirca le quattro e trenta del mattino. Giampiero Parete e Fabio Salzetta sono vivi grazie a loro: sarà retorica, ma chiamarli eroi non pare sproporzionato.

Dietro, le forze «regolari» arrancano: la turbina si spegne perché non c'è più gasolio. Occorre rifornirla e altro tempo se ne va, in un contesto difficilissimo. Ma anche con un pizzico di approssimazione all'italiana.

Pompieri, polizie e a ambulanze arrivano nel piazzale ore e ore dopo. Si può dire e pensare tutto quello che si vuole: la strada era in condizioni pietose, nessuno si è preoccupato di tenerla aperta. E così i ritardi si sono accumulati su altri ritardi.

Ma quel che hanno fatto quei dieci incoscienti resterà. Sci e ciaspole, racchette e ghiaccio. Una corsa dentro l'ignoto, sfidando il buonsenso e le regole scritte a tavolino.

L'Italia non è solo burocrazia, timbri e routine. Domani affioreranno distinguo, accuse e precisazioni.

Ma oggi ci inchiniamo al coraggio folle di questi ragazzi che per salvare altre vite hanno messo a repentaglio la propria.

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