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Quei boatos sul ritorno di Prodi

Quei boatos sul ritorno di Prodi

E se Mattarella avesse un asso della manica che si chiama «Mortadella»? Nessuno ha ancora tirato fuori il nome di Prodi, ma qualcuno che è molto addentro nelle cose di Palazzo mi ha confidato che, tra i nomi al vaglio del Colle, ci sarebbe anche quello del professore. È mai possibile? Romano è stato pur sempre il leader dell'Ulivo e ancora oggi è nelle file del Pd, un partito che ha perso le elezioni. Come potrebbero Salvini o Di Maio accettare uno così indigesto? Più che un governo di tregua, un esecutivo all'arma bianca. Vallo poi a spiegare a tutti gli elettori che, con il loro voto di rottura, hanno voluto creare una profonda frattura con il passato

Eppure, secondo qualcuno, il nome prodiano potrebbe avere una sua logica. Oggi come oggi, con tutti i problemi che ha, l'Italia ha bisogno di avere un rapporto privilegiato con l'Europa. Mentre Grillo si è risvegliato rispolverando la crociata sull'uscita dall'euro, dovremmo, piuttosto, non allargare ancora più il «vallum» con Bruxelles in un momento così delicato per il Belpaese. L'impasse politica si sta, infatti, pesantemente riflettendo sul fronte economico e il commissario Moscovici ha già lanciato l'allarme: tra debito pubblico che cresce, Pil che rallenta ed Iva che rischia di salire alle stelle, la situazione italiana si fa seria. Ecco perché abbiamo bisogno come il pane della Ue e, in tal senso, la scelta di Prodi - che, a suo tempo, è stato anche presidente della Commissione europea avrebbe una sua logica.

Intendiamoci, una scelta altrettanto «europea» sarebbe quella di Tajani: lui verrebbe subito a Roma A proposito d'Europa, il nome preferito da Mattarella era comunque, quello di Mario Draghi, ma il presidente della Bce non si sposterà da Francoforte fino all'autunno 2019. Ecco, quindi, la soluzione-Prodi con tutti gli inconvenienti del caso. È vero, il prof sta sempre più prendendo le distanze da Renzi e da quello che resta del Pd, ma vallo a spiegare ai vincitori del 4 marzo. E allora? Si dovrà, forse, rinunciare al «cavallo europeo»: l'Italia ha già dato con Mario Monti.

Al di là della scelta del premier, è, comunque, probabile che si andrà a votare in autunno per il semplice motivo che nella prossima primavera ci saranno anche le Europee. C'è già stata un'abbinata tra Roma e Bruxelles (nel 1994 si votò alle Politiche il 27 e 28 marzo mentre le elezioni continentali si svolsero ai primi di giugno) ma, di questi tempi, come giustificare una doppia spesa elettorale?

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