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Quei brindisi avventati alla salute del Pil

Quei brindisi avventati alla salute del Pil

Anche se qualcuno lo definisce «la sfinge» della politica monetaria, questa volta il presidente della Bce, Mario Draghi, parlando al «summit» monetario di Jackson Hole, nel profondo del Wyoming, è stato piuttosto chiaro: se in Eurolandia ci sono segnali di ripresa, molto minori di quanto si registrano negli Stati Uniti, siamo solo nella fase iniziale, così come succede anche in Giappone. Non solo: la Banca centrale europea non deve affatto mollare la presa sull'inflazione. Insomma, non c'è troppo da brindare soprattutto in un paese come l'Italia che continua ad essere il fanalino di coda nel club dell'euro. A leggere, invece, certe interviste attorno a Ferragosto di alcuni economisti che vanno per la maggiore e sono molto gettonati da certi giornali vicini alla sala dei bottoni, gli ultimi dati sulla crescita italiana - che hanno fatto registrare nel secondo trimestre dell'anno qualche frazione in più del previsto -, avremmo dovuto stappare bottiglie di «champagne» per salutare la luce in fondo al tunnel, un tunnel lungo quasi dieci anni.

In effetti, a dispetto dei bollettini di vittoria emessi anche da un tipo solitamente cauto come il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, restano ancora molte incognite che non debbono essere sottovalutate. Bene ha fatto, dunque, il Giornale a mettere subito in guardia sull'eccessivo ottimismo. Non ci piace fare le cassandre, ma non è certo un caso che, a gettare acqua sul fuoco, siano successivamente intervenuti pure il presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha chiesto misure più incisive per combattere la disoccupazione, e lo stesso governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, che ha parlato di una ripresa solo «congiunturale» e non «strutturale». Non dobbiamo neppure dimenticarci che se il Pil è tornato a salire (di poco, peraltro), è anche proseguita l' «escalation» del debito pubblico che ha raggiunto nuovi livelli-record.

Eppure, a giudicare dall'euforia di mezz'estate, molti hanno pensato che da Roma fosse partito un ordine pre-elettorale: il peggio era davvero passato. Stando ai super-ottimisti ferragostani, anche se non saremmo ancora come ai tempi della grande svolta, gli anni della «Milano da bere», poco ci manca. Ma oggi gli italiani non se la «bevono» più anche perché, dopo aver cantato vittoria, non sarebbe più possibile andare a Bruxelles per chiedere, ai cosiddetti «partner», di chiudere ancora una volta un occhio sui nostri conti pubblici. Questa volta, mettiamocelo bene in testa, non avremo proprio alcuno sconto da parte della Ue: basti pensare come l'Europa ci ha trattatosull'emergenza-

immigrazione.

E allora, anche alla luce della prossima manovra di fine anno che rischia essere lacrime e sangue, non ci resta che dare un piccolo consiglio al premier Gentiloni: Pablo, adelante cum juicio.

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