Politica

Quei peccati di gola che anche San Tommaso non sapeva «cucinare»

La più carnale e moderna delle tentazioni analizzata attraverso il trascorrere dei secoli

Matteo Sacchi

Nel 2003 un gruppo di ristoratori, buongustai e giornalisti francesi inviò una supplica all'allora pontefice: Giovanni Paolo II. Volevano far cassare il termine gourmandise (la denominazione canonica della gola in francese) sostituendolo, nell'ufficialità ecclesiastica d'Oltralpe, con la parola gloutonnerie. Non pare abbiano mai ottenuto risposta dalla Santa sede, ma il loro scopo era distinguere il peccato di gola, legato al mangiare in modo smodato, al gusto sano per il cibo di qualità, quello che in francese si associa proprio alla parola gourmande, buongustaio.

Vi sembra una iniziativa peregrina? Eppure, su quando la gola andasse considerata peccato si è interrogato anche Tommaso d'Aquino: «Poiché al mangiare è connesso necessariamente il piacere, non si riesce a distinguere ciò che è richiesto dalla necessità da ciò che vi aggiunge il piacere». E come si fa a non tener conto che la sensazione di fame cambia da persona a persona? Di nuovo l'inventore della filosofia tomista: «Soffrire una fame eccessiva non è una colpa morale. Una fame eccessiva diminuisce piuttosto il peccato e può anche scusarlo totalmente». Insomma già nel Medioevo faceva capolino il fatto che dietro l'obesità e gli eccessi alimentari può esserci un motivo fisico, medico e non solo una debolezza morale. Ecco questi e molti altri, a partire dalle riflessioni di Platone fino alla psicoterapia, sono i temi che affronta la filosofa Francesca Rigotti in Gola. La passione dell'ingordigia, la nuova puntata della nostra serie dedicata ai vizi capitali (in edicola con il Giornale da domani a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano). Infatti il più carnale dei peccati, nella società contemporanea, dove l'abbondanza di cibo ha portato grandi benefici ma anche qualche rischio, è diventato endemico e si è rapidamente trasformato anche in una questione medica.

Tanto che i versi che Dante rivolse a Forese Donati ormai possono valere per tutti: «Ben ti faranno il nodo Salamone, Bicci novello, e petti delle starne, ma peggio fia la lonza del castrone, chè 'l cuoio farà vendetta de la carne».

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