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Quei sorrisi prima della morte che ci fanno paura

Sono famiglie distrutte ma ritratte sorridenti. Una normalità che nasconde misteri spaventosi

Quei sorrisi prima della morte che ci fanno paura

È inutile scrutare quelle facce. L'orizzonte è spensierato e il cielo sgombro di nubi. Segni premonitori, anche passando e ripassando con la lente dell'entomologo, non se ne vedono. Selfie. Foto di famiglia. Grappoli di sorrisi, magari in posa, magari no. Tutto nella norma, come in migliaia di case italiane. Un flash. Una battuta per sdrammatizzare. Le guance che si avvicinano e qualche volta si toccano. Sembra tutto così banale. E invece è difficile. Terribile. Insondabile, come è la vita alle profondità in cui scatta il male.

C'è qualcosa di inafferrabile a sfogliare gli album insanguinati che accompagnano le tante tragedie domestiche raccontate in questi mesi. Qualcosa che ha a che fare con il mistero della libertà umana. Un dono grande, ma cosi grande, che talvolta schiaccia come un macigno chi l' ha ricevuto. Osservi, entri in punta di piedi nell'intimità di quelle istantanee, poi di colpo ti risvegli e ti spaventi: ma possibile che quel papà, cosi dolce e protettivo con le sue piccole, sia lo stesso che le ha trafitte a freddo nel sonno, come un killer senza cuore, dopo aver ridotto in fin di vita la loro madre? E quell'altro come può aver buttato giù dal cavalcavia la sua bambina?

L'angoscia sale come il vapore, ti avvolge e quasi ti soffoca perché non trova argini, non trova interpretazione, non trova analgesici. Quei volti, colti così in un giorno qualunque, sono uguali a quelli di tutti noi e però sono gli stessi che hanno firmato massacri indicibili, agguati come nei film su Cosa Nostra, mattanze spaventose. Cerchiamo con ansia una lettura sociologica che ci tranquillizzi, i segni inequivocabili della povertà, le stimmate di una qualche devianza, le tracce di un vizio che si sia portato via come un rapace l'equilibrio di quel padre, ma stentiamo. Vorremmo imbatterci in qualcosa di mostruoso, ma dobbiamo rassegnarci a espressioni complici, papà che abbracciano le mamme, bambini dall'occhio felice, senza alcun presagio di morte.

Gli orrori formano una collana che fa pendant con le sfumature della nostra routine. Ci sarà da qualche parte una spiegazione plausibile, forse la vita, che è più lunga dello spazio di un'immagine, aveva già messo in guardia i protagonisti. Ci saranno state, lontano da occhi e elettronici, frizioni, urla, percosse.

Forse. La libertà è un dote straordinaria, ma un cristallo fragilissimo: qualche volta diventa un impulso distruttivo. Vira verso una gelosia sempre più ossessiva, si trasforma in odio implacabile, prendendo a pretesto le ferite dell'esistenza, prende le forma di un'invidia incontrollabile; infine, può essere mangiata da una malattia buia come la notte.

Ci sono tante spiegazioni, ma non ce n'è una che ci restituisca la nostra innocenza. E ci ricollochi sul piedistallo delle nostre sicurezze. Il male e il bene mescolati, anzi la cattiveria e la ferocia mimetizzate, acquattate come un predatore prima dell'assalto. Noi siamo come quelle cartoline. Disordinate e colorate. I baci e gli scherzi.

Prima che mani tremanti e gelide strappassero via il presepe.

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