Cronache

Quelle donne guerriere che lottano per i loro uomini bloccati dal destino

Da Mina Welby a Maria Antonietta Coscioni, da Emanuela a Valeria: presenze fondamentali nei momenti più drammatici

Quelle donne guerriere che lottano per i loro uomini bloccati dal destino

On mourra seul, diceva Pascal. Si muore da soli. Non sempre. Certi uomini hanno accanto certe donne, fino alla fine: donne che tengono loro la mano, raccolgono i loro ultimi sorrisi, trattengono i loro respiri quando non trovano più l'aria, osservano sondini apparentemente innocui in cui passano sostanze che, spiega il linguaggio della medicina, «accompagnano alla morte». Dolce, piuttosto, è il loro sguardo. Ha detto ieri Emanuela, moglie di Gianni, che a 65 anni ha scelto di morire nella stessa clinica di Fabo: «Sembra difficile crederlo, lo so, ma era proprio tranquillo. Come diceva sempre, per lui è stato più facile morire che vivere soffrendo e senza dignità». Per lui. Per Emanuela? Per Valeria, la fidanzata di Fabo, la donna della vita, che gli è stata accanto dopo la tragedia e fino alla morte? Per Mina, la moglie di Piergiorgio Welby? E per Maria Antonietta, la moglie di Luca Coscioni, che non ha mai voluto essere «la vedova di»?

Per loro la campana ha suonato due volte. Hanno attraversato l'agonia con i loro uomini, come i loro uomini, mariti, fidanzati, compagni. Hanno vissuto ogni attimo, li hanno accuditi, li hanno visti decidere che però, nonostante tutto, era finita. Non sarebbero vissuti più. Volevano morire. Hanno scelto di morire, e Emanuela, Mina, Valeria, con loro. Mina Welby non voleva, ha ripetuto tante volte di essere contraria alla scelta di Piergiorgio. Come si fa ad accettare che la persona che ami voglia morire? Voglia lasciare te, e la vita, per sempre? Mentre teneva la mano di Fabo, Valeria ha scritto un messaggio: «Vorrei che questa notte non finisse mai». I medici chiedono fino all'ultimo se il paziente sia sicuro, sicuro davvero. E loro, mogli, fidanzate, amori di una vita, sentono rispondere: «Sì». È un altro «sì» da quello che si pronuncia in chiesa, ma è per sempre. Come Valeria, anche Emanuela ha accompagnato il suo Gianni in quello che ha chiamato un «pellegrinaggio crudele». Un viaggio insieme, per morire. Mina Welby al Corriere ieri ha detto di avere asciugato, lei, le lacrime di Cappato e Pannella, quando è morto Piergiorgio: «Io non ho versato una lacrima». A tanto arriva la forza di una donna.

Maria, moglie di Dino, macellaio malato di Sla che pochi giorni fa ha ottenuto una «sedazione profonda» per dormire fino alla morte, per non soffrire più, ha detto: «È stata una scelta lucida, una scelta di vita». Luca Coscioni è morto lavorando fino all'ultimo giorno, scegliendo di non sottoporsi a una operazione che avrebbe prolungato la sua agonia: «È stata una decisione pensata, molto dura... Ho provato un grande dolore, ma gli ho detto: va bene» ha detto la moglie Maria Antonietta in una intervista a Grazia. Ha aggiunto: «Molti pensano che una morte annunciata possa essere meno dolorosa e scioccante. Io so che quando vivi come se ogni secondo fosse strappato alla morte, allora la morte ti sembra un cataclisma». Anche se hai deciso come morire. E se non lo hai deciso? Quante sono le donne, sedute accanto a un letto, che vedono il loro amore soffrire e nel suo sguardo leggono: «Basta», e continuano a tenergli la mano? Edith Bruck, per dieci anni accanto al marito, il poeta Nelo Risi, mentre perdeva memoria e lucidità, ha raccontato che quella lunga malattia è stata «un incubo», la scrittura l'unica fuga. Lui a un certo punto le ha chiesto: «Chi sei tu?». Il mondo è crollato. Come dopo certi «sì».

Ha detto Mina Welby che vorrebbe abbracciare Valeria, come una figlia.

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