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Quelle opere demonizzate mandano avanti il Paese

Dalla Tav al Mose: osteggiati dagli ambientalisti, ma fondamentali per la mobilità

Quelle opere demonizzate mandano avanti il Paese

Roma - Nove anni di ritardo, dodici chilometri di coda, due miliardi spesi più del previsto. Ma in fondo chi se ne importa, questi sono particolari, quello che conta è che l'opera sia finita. E pure le parole di Matteo Renzi, che ha tagliato il nastro e vuole piantare la bandierina, non fanno danni e non diminuiscono la portata storica dell'evento: «Non potevamo chiudere il 2015 in maniera migliore. Finalmente è arrivato il giorno che sembrava non dovesse arrivare mai, abbiamo dimostrato che il nostro non è il Paese delle incompiute».No, oggi una volta tanto il nostro è un Paese unito. Ci divide ancora la politica, il calcio e tante altre cose, però adesso c'è una striscia di asfalto a tre corsie che, se tutto andrà bene, terrà insieme il Nord e il Sud. I bambini smetteranno di vomitare per le troppe curve, gli automobilisti risparmieranno almeno un quarto d'ora, i camionisti non dovranno più affrontare l'imbuto di ghiaccio e nebbia, le famiglie non saranno costrette a passare i fine settimana invernali bloccati sull'autostrada con cibi e coperte forniti dalla Protezione civile. Spariranno, speriamo, gli ingorghi. Diminuiranno pure gli incidenti mortali e caleranno i gas di scarico e l'inquinamento, con buona pace degli ultras dell'ambientalismo nostrano, come quelli, tanto per capirsi, che usavano il treno ad alta velocità per andare alle manifestazioni No Tav il Val di Susa, o quelli che, pur di opporsi al Mose, mettono a rischio Venezia.«L'Italia riparte», dice Renzi. Uno slogan, però oltre alla propaganda c'è del vero perché l'apertura della Variante di Valico, partorita nel lontano 1983 e gestita più o meno bene da una serie di diversi governi, otto, è una di quelle realizzazioni che possono concretamente cambiare la vita dei cittadini. Qualcuno l'ha paragonata al traforo del Gottardo o al tunnel della Manica, altri ricordano l'aspirina, gli antibiotici, il telefonino, l'elicottero, il pendolino.Ora, senza ricorrere alle iperboli e citare George Stephenson o i fratelli Lumiere, resta il senso della svolta, la portata della novità. Roncobilaccio e Rioveggio non saranno più mete irraggiungibili, stazioni di posta dove cambiare i cavalli nella tormenta e bere un punch caldo prima di riaffrontare i tornati. Sotto la neve l'Italia non si spezzerà più in due tronconi. La tratta Firenze-Bologna non sarà più l'incubo di Ferragosto o della vigilia di Natale, ma tornerà a essere una strada. Niente di avveniristico o di spaziale, solo una semplice, normalissima autostrada a tre corsie.È il progresso bellezza, e tu non puoi farci niente.

Sono le grandi opere, sia pure con il loro corollario di sprechi, ritardi e mazzette, a fare crescere una nazione, e tutelare l'ambiente non significa bloccare un Paese. Adesso tocca alla Salerno-Reggio Calabria: appuntamento tra 30 anni?

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