Politica

Quelle toghe scese in terra da Marte «I giudici non parlino con i politici»

Colombo e Violante garantisti con i colleghi: «Colpa dei partiti»

Paolo Bracalini

Sì dai, nella magistratura c'è «una certa tendenza alla costituzione di blocchi di potere», ma stiamo attenti a farci un'idea negativa della giustizia italiana, perché «tutto quello che sappiamo lo sappiamo dalla stampa» e comunque «restiamo sempre nell'attesa di come si svilupperanno le cose». È estremamente garantista l'ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo quando gli accusati sono i suoi ex colleghi magistrati. Se gli si chiede dello scandalo che riguarda la guerra per bande (togate) sulla Procura di Roma, la vicenda Palamara, tra sospetti di corruzione, trame oscure e carriere pilotate, Colombo - uno dei numi tutelari della cultura giustizialista italiana - raccomanda di non avere fretta a concludere che la deriva correntizia persino nel Csm sia l'aspetto più inquietante che emerge della vicenda. Il vero problema, ha spiegato Colombo intervistato a Propaganda Live, non sono tanto i magistrati, quanto i politici che li vogliono corrompere. Ascoltiamolo: «Uno stato di diritto moderno si basa sulla divisione dei poteri. C'è chi fa le leggi, chi governa e chi controlla. Il rischio che si corre, stando alle notizie di stampa, è che questa separazione salti, perché chi sta in Parlamento si occupa di qualcosa di cui non dovrebbe occuparsi, perché per tutelare l'indipendenza della magistratura è proprio necessario che la magistratura si autogoverni, sia autonoma rispetto agli altri poteri e non ci siano interferenze». Più una critica alla politica che alla magistratura insomma. Si segnala da giorni anche la parsimonia mediatica di un altro pm del pool, Piercamillo Davigo, solitamente generoso di dichiarazioni e interviste, che sulla vicenda avrebbe ancora più titoli per parlare dal momento che è membro togato del Csm. Tranne un amaro commento («È un giorno cupo come pochi altri») e un breve intervento nel plenum di settimansa scorsa, Davigo si è ritirato in un laconico silenzio sullo scandalo che sta travolgendo il Consiiglio superiore della magistratura.

Anche Luciano Violante sembra stupito dalla constatazione di una prassi che sembrava arcinota, cioè la consuetudine tra magistrati e politici (tra l'altro con le porte girevoli tra i due ruoli, soprattutto tra procure e Partito Democratico). L'ex presidente della Camera, magistrato e piddino, si allarma intervistato dal Dubbio: «Il problema è che siamo ben oltre la spartizione tra correnti. Siamo di fronte al fatto che i componenti di una corrente si incontrano con dirigenti politici che non fanno parte del Csm. Questo è il punto. Le componenti togate del Csm hanno sempre parlato con i membri laici del Consiglio: il problema è che stavolta magistrati si sono incontrati con persone fuori del Csm, uno dei quali era perfino imputato dallo stesso ufficio giudiziario il cui avvicendamento al vertice era l'oggetto dell'incontro» si infervora Violante.

Ma davvero i magistrati si incontrano con i politici? Serviva un'inchiesta sulla Procura di Roma per farlo scoprire.

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