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Per questi cinque motivi Bolsonaro sarà presidente

Pt corrotto, disastri di Rousseff, bisogno di sicurezza, pochezza di Haddad e Lula scaricato dagli evangelici

Per questi cinque motivi Bolsonaro sarà presidente

San Paolo - «Non mi piace Jair Bolsonaro ma non posso votare quei corrotti del Pt». Se a dirlo è anche Joao Silva, 48enne spazzino nella Paulista, il centro economico di San Paolo, allora vuole dire che hanno proprio ragione gli ultimi sondaggi di ieri, con l'ex paracadutista dell'esercito in vantaggio netto tra i 12 ed i 20 punti percentuali - sull'uomo scelto dal carcere dall'ex presidente Lula, ovvero Fernando Haddad.

Sono quasi 150 milioni i brasiliani oggi chiamati a scegliere chi governerà dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2022 il Paese più importante dell'America Latina, grande trenta volte l'Italia e grazie all'Amazzonia polmone verde del pianeta ed è quasi certo che sceglieranno la svolta a destra per almeno cinque motivi. Il primo è la percezione di gran parte della popolazione, compresa la più povera come Joao Silva, che il partito di Haddad sia sinonimo di ruberie di ogni genere e, dunque, sia comunque un bene cambiare. Qualsiasi parallelismo con la situazione italiana regge, tant'è che Matteo Salvini si è subito congratulato con Bolsonaro dopo la sua straordinaria performance - oltre il 46% dei voti - dello scorso 7 ottobre.

Il secondo motivo è stato il maggior regalo fatto da Lula all'ex paracadutista, ovvero l'avere scelto ad appena tre settimane dal primo turno il candidato su cui puntare e, per giunta, avere scommesso sullo scialbo ex sindaco di San Paolo Haddad invece che sull'assai più carismatico Ciro Gomes. Una conferma dopo il disastro Dilma Rousseff della nulla capacità di Lula nel scegliere le persone di cui circondarsi.

Il terzo motivo, paradossale, è che mentre in questi oltre quattro anni di Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, il Pt aveva sempre attaccato duramente la tv Globo considerandola «golpista» e responsabile suprema delle sue disgrazie giudiziarie, a scaricare Lula e compagni alla fine è stata la tv Record del «vescovo» pentecostale Edir Macedo. Alla vigilia del voto presidenziale, a fine settembre, questo coetaneo ed ex alleato di Lula ha infatti dato ordine ai suoi tanti «preti» di indicare esplicitamente nelle loro prediche Bolsonaro come il candidato da votare. Con oltre 22 milioni di fedeli della Igreja Universal do Reino de Deus, la Iurd da lui fondata, il traino della seconda tv più seguita del Brasile, la Record, e dulcis in fundo la denuncia penale di ieri dello stesso Macedo contro Haddad che nei giorni scorsi aveva definito un «ciarlatano» l'autoproclamato vescovo, è chiaro che Bolsonaro da presidente dovrà più di una poltrona ai parlamentari evangelici compagni di Edir.

Il quarto motivo che ha fatto finire molti milioni di ex elettori di Lula tra le braccia di Bolsonaro è «l'eredità maledetta» di Dilma, per usare un'espressione indovinatissima della Bbc Brasile e che ricorda la peggior crisi economica di sempre sofferta dai brasiliani, col Pil crollato di quasi il 10% e una disoccupazione record negli ultimi due anni e mezzo dell'ex guerrigliera presidente. Infine, la richiesta di maggiore sicurezza, in un Paese dove lo scorso anno gli omicidi sono stati quasi 64mila, e per giunta quasi tutti nelle favelas. È questa l'ultima causa che spiega perché, a meno di imprevedibili sconquassi, oggi il più votato sarà l'ex paracadutista che vorrebbe dare una pistola ad ogni brasiliano perché «un bandito buono è solo il bandito morto».

Bolsonaro, l'oriundo veneto che ha già promesso la restituzione subitanea dell'ex terrorista rosso Cesare Battisti all'Italia, ammesso che visti i chiari di luna costui non sia già diventato uccel di bosco.

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