Cronache

"Questo modello di amore è patologico. Così si alimenta solo l'idea di possesso"

La psicologa: "Un femminicidio tra donne, lei ha eliminato l'antagonista"

"Questo modello di amore è patologico. Così si alimenta solo l'idea di possesso"

Uccidere per punire, per mortificare e poi ancora, per cancellare.

«È l'amore che purtroppo diventa patologico». Vera Slepoj psicologatra le più famose e stimate in Italia guarda con l'occhio dell'analista la drammatica storia e in controluce coglie aspetti che altrimenti sfuggirebbero: «oggi se non sei pulsionale, l'amore non esiste».

Per la psicologa è come se ci fosse un tragico filo logico che unisce questa storia a quello che siamo diventati. «Questa è una storia di femminicidio»

Femminicidio tra donne?

«Certo, e dentro c'è tutta l'incapacità dell'amore come sentimento positivo, dove invece vince l'idea della proprioetà, la brutalità del possesso. Una logica solitamente maschile».

Professoressa cosa può essere scattato nella mente della donna?

«Purtroppo questa storia è emblematica, la punta dell'iceberg, un grande rivelatore di quello che stiamo vivendo culturalmente: siamo abituati a vivere nell'enfatizzazione del mondo delle passioni, se non sei pulsionale, l'amore allora non è amore vero».

Amori malati in una società malata?

«Esattamente. L'amore è stato completamente eliminato come rispetto, come solidarietà, come esperienza positiva. Ormai ci domina un'idea inesatta».

Ma da dove parte questa visione distorta?

«Prima di tutto dai modelli che si seguono, che vengono indicati tali. In televisione i programmi propongono amori tormentati e totalizzanti, un romanticismo malato, da telenovelas, esasperazioni continue che ci convincono che l'amore è quella roba lì. Lo scrivevo già ani fa nel mio libro La psicologia dell'amore. E purtroppo non è cambiato, anzi».

Quali sono le conseguenze?

«Terribili. Ti portano a credere che l'amore è proprietà, possesso. E così quando lui ti volta le spalle e decide di tornare dalla moglie, perdi la testa. Arrivi a eliminare l'avversario, l'antagonista. Non stiamo costruendo bei modelli. Anzi, ereditiamo quelli pessimi di un certo mondo maschile».

Ma possibile che non ci sono segnali?

«Bisogna sempre aver paura di chi dice senza di te non vivo»

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