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"Questo premier è cattivo. Ma col No si torna al tavolo"

Berlusconi precisa: "Mediaset e il Sì? Gli industriali sono sempre governativi". E rilancia il patto per le riforme

"Questo premier è cattivo. Ma col No si torna al tavolo"

Dal salotto di Bruno Vespa a quello di Nicola Porro. Berlusconi, sotto i riflettori di Matrix, anticipa quella che sarà la linea del partito il giorno dopo il 4 dicembre. E svela: «Certo che durante il recente incontro con Mattarella, abbiamo parlato della situazione italiana. E anche con la vittoria del No non succederebbe nulla di grave; anzi: si aprirebbe la possibilità di fare riforma insieme». E ancora: «Il giorno dopo il No sarebbe assolutamente indispensabile scrivere una nuova riforma e nuova legge elettorale». Si lascia intendere, così, che anche il capo dello Stato gradirebbe tutelare in qualche modo la stabilità del sistema e non gettare il Paese nell'incognita di un voto anticipato.

Al di là del futuro, però, Berlusconi conferma che il suo No è «deciso e motivato». Dice: «Qualcuno mette in giro la storia del Ni. Ma il mio è un No deciso e responsabile. Noi e Renzi avevamo collaborato all'inizio ma poi ci siamo accorti che Renzi voleva cucirsi addosso un abito su misura per sé. Poi ci s'è accorti che il vestito si adatta meglio a Grillo e ai suoi. Renzi è calato nei consensi e non è più possibile un exploit del suo Pd». Ergo: «Se resta così la legge elettorale e passa referendum, c'è il rischio di un uomo solo al comando nel partito, nel governo e in Parlamento. Un uomo solo padrone dell'Italia e degli italiani». E quell'uomo potrebbe essere Grillo che spaventa tutti quanti. Berlusconi fa capire cosa pensi di lui con una battuta: «Mi piace parlare delle persone quando devo parlarne bene; quando devo parlarne malissimo evito». Un giudizio tranchant che arriva dopo la riabilitazione di Achille Occhetto: «Era tra le persone più sagge ed equilibrate tra i comunisti. Ma il pericolo comunista non c'è più e il sistema, da bipolare, è diventato tripolare». Ecco perché la legge elettorale migliore sarebbe quella proporzionale «in quanto si avrebbe un governo che rappresenta davvero la maggioranza degli italiani».

Il Cavaliere torna anche sulla battuta che ha fatto tanto discutere: quella delle sue aziende schierate per il Sì per timori di ritorsioni da parte del governo: «Mi sono pentito di quello che ho detto ma ho solo fatto riferimento a quello che è fisiologico... il timore delle aziende sottoposte ad una concessione governativa. E più in generale, è normale che gli industriali siano governativi; anche se molti miei amici industriali solo per il No».

L'ex premier rievoca la rottura del patto del Nazareno quasi con dispiacere: «Abbiamo dovuto constatare che Renzi ha messo da parte gli accordi e per 17 volte ha imposto modifiche. Per noi, invece, era importante avanzare in modo condiviso. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'elezione del capo dello Stato: non siamo stati interpellati anche se non abbiamo nulla contro Mattarella che si sta dimostrando un ottimo presidente». Svela che il patto era quasi scritto: «Con noi c'era di mezzo un personaggio fiorentino amico di Renzi che annotava tutto (Verdini, ndr), poi ci siamo stretti la mano; e questo per me vale più che un'annotazione». «Renzi è troppo cattivo e Berlusconi troppo buono?», chiede Porro. «Affermazioni che corrispondono al vero», sorride il Cavaliere.

C'è pure spazio per il Berlusconi privato: «Ho fatto tre mesi di convalescenza, sono andato a letto presto. Sono stato circondato affetto dei figli e dal decimo nipotino. Ora sto facendo riabilitazione fisica, mi sono rifatto i muscoli di una volta. Nuoto un'ora, cammino e corro». Parla della gita a New York dove «ho visto musical eccezionali. Tutti mi riconoscevano e chiedevano selfie. E dicevo: non sono mica Renzi io...».

Parla di Trump: «Non ci assomigliamo anche se siamo entrambi imprenditori che hanno smesso di farlo per dare qualcosa al nostro Paese». Il suo successo? «Ha saputo parlare all'America profonda e al ceto medio spolpato dal fisco. Avremo buone sorprese perché torna la politica di Reagan; la politica liberale: l'unica forma per far ripartire economia». Ed è quello l'obiettivo del Cavaliere: tornare in campo e riportare a palazzo Chigi il sempre valido programma del «meno tasse, meno tasse, meno tasse». Ultima battuta sul Milan: «Ho dovuto accettare l'offerta dei cinesi. Ci sarà il closing il 13 dicembre. Se salta? Dovrò riprendere il Milan.

E sarà tutto italiano e molto giovane».

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