Cronache

Morti in mare. Ma lo sdegno è autentico?

Morti in mare. Ma lo sdegno è autentico?

Nel 1918 Freud scrisse una lettera al pastore Pfister per difendersi dall'accusa d'immoralità che la sua nuova teoria gli aveva procurato. Invitandolo a non confondere la verità scientifica con le illusioni generose ed ipocrite del moralismo, lo psicoanalista rispose: «Non sto a rompermi la testa sul bene e sul male, ma, in media, ho trovato poco bene negli uomini. Secondo le mie esperienze essi non sono per la maggior parte che gentaglia, sia che professino a gran voce questa o quella dottrina etica sia che non ne professino alcuna». In una sintesi prosaica si è quel che si fa e non quel che si dice di fare.

Lo sdegno, la sofferenza, la partecipazione che si racconta da più parti di fronte all'ennesima foto del bambino annegato in mare non è autentica. Alle morti non si risponde né indossando una maglietta rossa né con un digiuno di poche ore praticato da chi, a pancia piena, poteva fare e non ha fatto. Le persone comuni a favore dell'accoglienza indiscriminata, si giustificano invece dicendo di non poter agire singolarmente, ma di aspettarsi che sia lo stato a provvedere per loro, attraverso le tasse versate anche e proprio per l'assistenza dei più deboli. Quello che non torna, a fronte di tutta quest'umanità manifestata sterilmente a parole, è l'individualismo ipertrofico per cui ognuno, ritirato nel privato edonistico della propria esistenza guarda soltanto al suo desiderio, al successo e al denaro trascurando non soltanto le traversie dell'immigrato, ma più gravemente quelle di chi gli vive accanto quotidianamente.

Si può credere a questa doppia morale? Ad un'empatia suscitata da un'immagine lontana quando poi, di fronte alla solitudine disperata del nonno anziano, si sceglie l'ospizio fuori città? Quando di fronte alla malattia terminale dell'amico si volta la testa dall'altra parte? Si può supporre sia vera partecipazione al dolore dell'altro quando poi ci si disfa della moglie o del marito dopo guerre intestine in cui i figli sono dimenticati e traumatizzati? Si può ritenere vero l'ammonimento dell'artista milionario o dell'imprenditore che appoggia le Ong e poi, sfruttando l'operaio, è responsabile dell'iniqua distribuzione delle risorse che affama molte famiglie italiane? Non si fa il necessario e neanche il possibile e si urla allo sdegno di fronte all'impossibile.

Prima di indossare la maglietta rossa, affinché non sia demagogia, bisognerebbe chiedersi se qualcosa si è fatto, individualmente, per la creazione di un bene che non sia soltanto il proprio ma comune.

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