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Quota 100, per i dipendenti pubblici la liquidazione bloccata per otto anni

Tra le norme inserite nel decreto legge per la riforma delle pensioni, un provvedimento blocca, fino a otto anni, l'erogazione della buonuscita dei dipendenti pubblici. La Uil: "È discriminazione"

Quota 100, per i dipendenti pubblici la liquidazione bloccata per otto anni

Tra le norme inserite nel decreto legge per la riforma delle pensioni e per il reddito di cittadinanza che l'esecutivo potrebbe approvare nel prossimo consiglio dei ministri, previsto per il 14 gennaio, è stata inserita anche una disposizione che riguarda i dipendenti dello Stato. Per i lavoratori statali che lasceranno in anticipo il lavoro, utilizzando lo scivolo di Quota 100, infatti, la buonouscita potrebbe essere pagata soltanto nel momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero. Quindi una volta raggiunti i 67 anni. Insomma, il ritardo dell'erogazione slitta e potrebbe arrivare fino a otto anni dopo il pensionamento.

Una misura complicata

Il trattamento di fine rapporto e di fine servizio per gli statali era già destinato a rappresentare uno dei passaggi più spinosi da definire per l'esecutivo. Prima di tutto perché, secondo quanto riportato da Il Messaggero, il pagamento immediato delle liquidazioni dei dipendenti pubblici sarebbe costato circa sette miliari di euro, da aggiungere ai 21 miliardi che già costa, in tre anni, la misura.

Cosa dice la norma

Secondo la normativa, la liquidazione potrà essere incassata solo nel momento in cui saranno maturati i requisiti previsti dalla legge Fornero, quindi a 67 anni di età o 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva. Il decreto prevede, però, che rimangano in vigore anche le regole attuali della buonuscita. Oggi, infatti, Tfr e Tfs vengono erogati solo fino a 50mila euro, mentre, se l'importo dovesse superare quella cifra, ma inferiore ai 100mila, verrebbe liquidato in due rate annuali (con un ritardo, quindi, di 12 mesi).

L'esempio dello statale

Se, invece, l'importo superasse i 100mila euro, le rate annuali diventerebbero tre. E quindi, per esempio, se uno statale lasciasse il lavoro a 62 anni di età avendo versato 38 anni di contributi (come previsto da Quota 100) e se avesse maturato una liquidazione superiore a 100mila euro, per avere l'intera cifra dovrebbe aspettare comunque i 70 anni. Il governo, consapevole di questo problema, potrebbe contrattare con l'Abi la possibilità di un anticipo bancario per permettere ai dipendenti pubblici di ottenere in tempi più brevi la liquidazione.

Per la Uil "trattamento discriminatorio"

La norma non è piaciuta al sindacato Uil. Che, attraverso il suo segretario confederale, Antonio Foccillo, ha dichiarato il suo disappunto: "Il lavoratore pubblico è già penalizzato riguardo alle finestre d'uscita per la pensione, in quanto queste sono previste solo dal mese di luglio invece che da aprile, come nel settore privato. Dalle indiscrezioni emerge un'ulteriore penalizzazione nei loro confronti". E ha aggiunto: "Si può dedurre facilmente che il lavoratore pubblico che usufruirà del beneficio previsto con quota 100 riceverà l'ammontare complessivo della sua buonuscita, nel caso in cui questa superi i 100mila euro, solo dopo ben otto anni".

Il "patto" con le aziende e le conferme

Per il resto, invece, il decreto confermerebbe quasi tutte le anticipazioni della vigilia. Il pensionamento potrà essere anticipato anche di altre tre anni, grazie ai fondi bilaterali delle imprese le quali, però, potranno avere accesso a questo ulteriore scivolo per i dipendenti soltanto se assicureranno un certo numero di nuove assunzioni. La bozza conferma anche che il prepensionamento attraverso Quota 100 sarà sperimentale e avrà una durata di tre anni.

Il cambiamento all'Inps

Nel testo è stato previsto anche l'azzeramento dei vertici dell'Inps e dell'Inail. La misura, infatti, cancellerebbe dieci anni di gestione semicommissariale e reintroduce il consiglio di amministrazione. Tito Boeri, presidente dell'Inps, e Massimo De Felice, a capo dell'Inail, lascerebbero l'incarico. La nuova governance prevederebbe, quindi, un consiglio di amministrazione composto da quattro consiglieri e dal presidente.

Che sarà nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

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