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La rabbia di Forza Italia: "Sentenza ridicola che stravolge la storia"

Gasparri: "Il verdetto riscrive quel periodo su basi immaginarie, disinformando"

La rabbia di Forza Italia: "Sentenza ridicola che stravolge la storia"

Roma - Il tarlo che quella sulla trattativa Stato-mafia sia stata una sentenza politicizzata e tutt'altro che definitiva ce l'hanno in parecchi. Soprattutto chi, come Maurizio Gasparri, di Forza Italia, ritiene di poter dire, fatti alla mano, che questa decisione «riscrive la storia su basi del tutto immaginarie».

Altro che trattativa, dunque. Per Gasparri, Mori e gli altri esponenti dell'Arma sono piuttosto degli «eroi della legalità che hanno arrestato Totò Riina e tanti altri appartenenti alle cosche». Ad arrendersi alla mafia, cancellando il carcere duro per centinaia di boss, nel 1993 sarebbero stati piuttosto Scalfaro e Ciampi. «Le vicende di cui si tratta sono tutte degli anni antecedenti ai governi di centrodestra - spiega l'esponente azzurro - e non si capisce dunque in che modo Di Matteo, se non per scopi politici, chiami in causa Berlusconi. Dell'Utri con tutte queste vicende non c'entra assolutamente nulla. I governi Berlusconi hanno inasprito le norme antimafia rendendo permanente il carcere duro, il 41 bis, nel 2002, introducendo norme severissime per il sequestro e la confisca dei patrimoni delle cosche e varando un codice antimafia». E dopo la querela annunciata da Forza Italia nei confronti del pm simbolo del processo, lo scortatissimo Nino Di Matteo, Gasparri si augura che ci siano giudici in grado di capire che il magistrato siciliano segue «una strada politica». Come pensa anche l'ex deputato di Ap, Fabrizio Cicchitto: «Mai sentenza fu più politicizzata e strumentale». Di sentenza politica, che costituisce «l'ennesimo assurdo attacco di certa magistratura politicizzata al presidente Berlusconi, vittima di una sfrenata ambizione e della sete di potere e notorietà di certe toghe», e per di più pronunciata in una fase delicatissima, parla anche Lucio Barani, senatore e presidente del gruppo Ala nella scorsa legislatura.

Se il ministro della Giustizia Andrea Orlando non interviene sull'argomento, perché non è solito commentare le sentenze della magistratura, il leader dei Cinque Stelle Luigi Di Maio invece ci va giù pesante, definendo questa pronuncia addirittura «uno spartiacque fra il passato e il futuro del Paese». Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è tra quelli che ritiene la decisione della Corte d'Assise di Palermo «un colpo ferale a Berlusconi e Forza Italia», ma insiste sulla necessità che «la magistratura stia lontana dall'intromettersi direttamente nella lotta politica». Il suo omologo alla Regione Lombardia, Attilio Fontana, si sofferma invece sul «momento non del tutto opportuno» in cui è caduta la sentenza.

«Non voglio ventilare nulla - dice - ma dico che casualmente cade male e ora sarà il nostro segretario Matteo Salvini e fare le scelte del caso».

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