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La Rai sfiducia Dall'Orto Ma lui non molla il posto

Bocciato dal cda il piano news, contraria pure la presidente Maggioni. Solo il M5s lo difende

La Rai sfiducia Dall'Orto Ma lui non molla il posto

Fine corsa per la «rivoluzionaria» (solo nelle intenzioni) direzione generale Rai firmata Campo Dall'Orto, l'ex manager Mtv voluto da Matteo Renzi, due anni fa, alla guida della tv di Stato. Con la bocciatura in Cda del suo piano news e il voto contrario persino della presidente di Viale Mazzini Monica Maggioni, si tratta solo di capire quando Dall'Orto lascerà la Rai, appena trovata una sistemazione alternativa adeguata, ma l'esito è ormai scontato. La tempistica dell'uscita di Dall'Orto non è però prevedibile perché, malgrado l'isolamento in cui è calato - sfiduciato dai consiglieri Rai, mollato dal Pd renziano, nel mirino dei sindacati Fnsi e Usigrai, sotto inchiesta dell'Anac - non è disposto ad alzare bandiera bianca tanto facilmente. Dipenderà dal ministero dell'Economia, azionista della Rai, dunque dal governo, le cui intenzioni il dg ha sondato durante un incontro segreto a Palazzo Chigi nei giorni scorsi. Al momento il problema di cambiare i vertici Rai non è in cima alle preoccupazioni del premier, ma un intervento in corsa è stato messo in conto dall'esecutivo se la situazione a Viale Mazzini precipitasse. I nomi in pole restano l'ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco, l'ex Rai Nino Rizzo Nervo fedelissimo del premier, e poi Paolo Ruffini anche lui ex Rai ora direttore di Tv2000, la rete della Cei).

Certo, il voto di sfiducia del cda al piano di riforma dell'informazione Rai (accorpamento di RaiNews e TgR, riduzione delle edizioni dei tg, nuova testata web affidata a Milena Gabanelli) segna un punto di non ritorno nei rapporti già precari tra l'azienda e il dg. Contrari i voti dei consiglieri in quota Pd Franco Siddi e Rita Borioni (che però dice «il rapporto di fiducia si può ricostruire»), della presidente Maggioni, poi dei membri di area centrodestra Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca, astenuti il rappresentante del Tesoro Marco Fortis e Carlo Freccero («Il dg è come Lo straniero di Camus, ma resti»), uno solo a favore dal renziano Guelfo Guelfi. Assente Paolo Messa (quota centrista), che ha abbandonato la riunione prima del voto: «Non credo giovi alla Rai un conflitto permanente ed una situazione di sostanziale paralisi - ha attaccato Messa -. Sono venute a mancare le condizioni a base del rapporto di fiducia con il direttore generale».

Il dg sotto assedio però va avanti, navigando a corto raggio, come dimostra l'approvazione dei piani produzione e trasmissione 2017 per i canali generalisti e specializzati Rai, ma limitatamente al periodo che va fino al prossimo settembre. Una velina di Viale Mazzini fa filtrare la posizione di Dall'Orto, secondo il quale sarebbe stato «già troppo il tempo perso finora» mentre «le riforme non possono più aspettare, di qui la richiesta di arrivare al voto»; «non si capiscono i motivi, se non politici, per questa bocciatura», così «la Rai rimane ferma, ostaggio della politica», se lui «se non avesse spinto per il voto avrebbe potuto galleggiare nella palude in cui è stato trascinato, ma così l'azienda sarebbe morta», invece «per senso di responsabilità ha deciso di andare al voto ed ora rappresenterà la complessità della situazione presso il Tesoro». Versione che fa letteralmente infuriare i consiglieri, dipinti come colonnelli agli ordini dei partiti. «Indiscrezioni false» lamenta Guelfi, «non possiamo accettare che passi l'idea che siamo un cda di riottosi» commenta Diaconale, «non prendo ordini da nessuno» aggiunge Siddi. Un nuovo cda sarà riconvocato nei prossimi giorni, anche se in serata i toni si erano fatti più concilianti.

Dalla maggioranza di governo nessuna sponda al dg, mentre il M5s si conferma il nuovo alleato di Dall'Orto.

«Renzi silura chi non è signorsì» arriva in soccorso Di Maio, mentre Fico, presidente Vigilanza Rai, chiede l'acquisizione del piano news bocciato e attacca: «Il caos Rai ha un solo colpevole: Renzi».

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