Politica

La Rai trema per la riforma dei Tg: decine di poltrone a rischio

L'ultima parola spetterà a Matteo Renzi che per ora (che ormai è un anno) assiste alle cose di casa Rai, meditando una riforma che riesca a snellire il "carrozzone" della televisione pubblica

La Rai trema per la riforma dei Tg: decine di poltrone a rischio

I successi Auditel del festival di Sanremo targato Carlo Conti non sono bastati a risollevare gli animi del dg Rai Luigi Gubitosi. Idem per tutti i dirigenti che ora cominciano a sentir scricchiolare le loro poltrone. Il motivo di tanto dispiacere è sempre la contesa riforma dell'informazione della televisione pubblica. L’accorpamento delle testate in due Newsroom, non è piaciuta alla Commissione parlamentare di vigilanza. E c'era da aspettarselo. Il progetto è stato rispedito al mittente (Gubitosi, appunto), che non l'ha presa per niente bene ed ha accusato la politica di osteggiare il suo rivoluzionario piano, in stile Bbc, e di essere un "partito di conservatori". Ovviamente, il botta e risposta tra l'inviperito dg e i parlamentari della Commissione vigilanza, va ancora avanti.

Ma si sa, l'ultima parola spetterà a Matteo Renzi che per ora (che ormai è un anno) assiste alle cose di casa Rai, meditando una riforma che riesca a snellire il "carrozzone" della televisione pubblica.

Il dg Luigi Gubitosi, intanto, è stato invitato “ a procedere ad una revisione” del piano sui telegiornali “ con l’obiettivo di garantire il pluralismo e l’identità editoriale delle singole testate”. Ma al settimo piano di viale Mazzini e a Saxa Rubra, c'è chi comincia ad avere paura. Infatti, 20 degli attuali 32 vicedirettori di testata, potrebbero vedersi sfilare la poltrona da sotto il sedere. Eh già, perché il piano prevede due mega-direttori (di fantozziana memoria) a capo delle due Newsroom (che quasi certamente saranno: Mario Orfeo, attuale direttore del Tg1, e Monica Maggioni, direttora di Rainews), affiancati da "solo" 12 vice. Questa rivoluzione porterà, a pieno regime, ad un risparmio di 100 milioni di euro e alla "partenza" di 300 dipendenti tra amministrativi, giornalisti e funzionari vicini alla pensione.

Ma bisogna tener conto anche delle redazioni. Che non sono proprio bene disposte a veder cambiato lo status quo del loro posto di lavoro. Una su tutti: la presa di posizione del direttore del Tg3 Bianca Berlinguer e di tutta la sua redazione.
Figuriamoci cosa ne sarà della voce di bilancio "contenziosi con la Rai", non appena verrà (se mai succederà) approvato il piano dell'informazione. Un progetto "fusionista e confusionista" che porterà viale Mazzini a dover fare i conti con una valanga di ricorsi e cause legali.

Ma c'è ancora un ultimo problema di carattere tecnico: la digitalizzazione delle sedi regionali non è ancora terminata, eppure già si vuole rimettere mano al sistema d'informazione accorpando le testate.

Sì, magari a lungo termine ci saranno dei risparmi, ma quanto costerà far convergere tutto l'apparato tecnico in due Newsroom? Alla Commissione vigilanza, l'ardua sentenza.

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