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Da re Saud al premier d'Islanda Leader e vip colti in flagrante

Nella lista anche i sovrani di Arabia Saudita e Marocco e il presidente ucraino Poroshenko. Bufera sul premier di Reykjavik: in molti ne chiedono le dimissioni

Da re Saud al premier d'Islanda Leader e vip colti in flagrante

Monarchi e presidenti, primi ministri e banche, personaggi dello sport e dello spettacolo. Nella più grande fuga di notizie, o abile hackeraggio, della storia della finanza internazionale, denominata Panama Papers, è venuto alla luce il vasto mondo delle operazioni offshore e dei suoi protagonisti. Nell'enorme archivio informatico saltato fuori dallo studio legale Mossack Fonseca di Panama City, i nomi di vip e potenti imperano e i loro affari finanziari sono passati al setaccio dai giornalisti investigativi del consorzio Icji.

È subito esplosa, naturalmente, un'ondata di polemiche. Il primo a reagire è stato lo studio Fonseca. «La pubblicazione dei documenti è un crimine e un attacco hacker contro Panama ha detto il capo dello studio Ramon Fonseca Mora perché molti Paesi non gradiscono il fatto che noi siamo competitivi nell'attrarre imprese». «C'è una guerra - ha aggiunto - tra i Paesi aperti come Panama e quelli che tassano sempre di più le loro aziende e i loro cittadini».È ancora da appurare se ci siano attività illegali dietro questi affari offshore, ma il polverone è alzato e il governo panamense ha già offerto la sua collaborazione nel caso vengano promosse azioni legali, mentre la procura ha aperto un'indagine per verificare eventuali reati.Certo è che i nomi venuti a galla sono davvero celebri. Tra i monarchi spiccano il re saudita Salman bin Abdulaziz Al Saud e il sovrano del Marocco Mohammed VI. Nella lunga lista di capi di Stato e primi ministri compaiono il presidente ucraino Petro Poroshenko, quello argentino Mauricio Macri, il sudanese Ahmad Ali al-Mirghani, Khalifa bin Zayed bin Sultan Al Nahyan degli Emirati Arabi Uniti e l'azero Ilham Aliyev; e poi il premier islandese Sigmundur Gunnlaugsson, gli ex premier dell'Iraq Ayad Allawi, della Georigia Bidzina Ivanishvili e della Giordania Ali Abu al Ragheb.

Dal mondo politico, infine, emergono i nomi di parenti o di collaboratori dei leader mondiali: si va dal cognato del presidente cinese Xi Jinping alla figlia dell'ex premier Li Peng, dal padre deceduto del primo ministro britannico David Cameron ai figli dei capi di governo della Malaysia, Najib Razak, e del Pakistan, Nawaz Sharif, per concludere con il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov e con Sergei Roldugin, violoncellista e amico di Vladimir Putin. Insomma, il gotha mondiale. Le reazioni non si sono fatte attendere. In Islanda, il premier Gunnlaugsson si è difeso dicendo che non ha violato alcuna norma ma in tv è stato talmente imbarazzato da interrompere l'intervista. La bufera non lo ha risparmiato tanto che molti ne hanno già chiesto le dimissioni.

Dura replica anche da Mosca. Il portavoce del Cremlino ha parlato di «putinofobia». Lo scopo ha spiegato Peskov è denigrare Putin dopo i «successi dell'esercito russo in Siria e la liberazione di Palmira, passata sotto silenzio nei media occidentali». Ma tutto il mondo politico internazionale è in fibrillazione. Come quello sportivo, dopo le rivelazioni sulle società offshore del campione Lionel Messi, dell'ex calciatore dell'Inter, il cileno Ivan Zamorano, e del presidente dell'Uefa Michel Platini, il quale si è subito premurato di dire che è in regola con le autorità fiscali svizzere.Dagli oltre undici milioni di file scoperti sugli affari offshore, vengono a galla anche nomi dello spettacolo, come quello dell'attore di Hong Kong Jackie Chan, del regista spagnolo Pedro Almodovar e di suo fratello Augustin. Il nome del regista è collegato a una società costituita alle Isole Vergini nel 1991.

Il portavoce di Almodovar non ha voluto commentare, limitandosi a dire che «la casa di produzione Deseo e i fratelli Almodovar sono in regola con i loro obblighi fiscali».

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