Politica

Il regime: «Sconfiggeremo il golpe» E Putin aiuta l'amico sudamericano

Nel Paese 400 contractor russi del gruppo Wagner, già pronti a occuparsi della sicurezza personale del presidente chavista

Manuela Gatti

Oltre alle parole, i fatti. Perché, se la situazione dovesse precipitare, un sostegno militare è più utile del supporto diplomatico. La notizia arriva dall'agenzia di stampa Reuters: pochi giorni prima dello scoppio della rivolta in Venezuela la Russia di Vladimir Putin avrebbe spedito a Caracas gruppi di contractor, mercenari alle dipendenze di società militari private. Tre sono le fonti che hanno confermato la circostanza, tra le quali Yevgeny Shabayev, a capo di un nucleo di miliziani cosacchi in contatto con i gruppi paramilitari russi. Secondo Shabayev, i mercenari inviati in Sudamerica dal Cremlino sarebbero circa 400, arrivati all'inizio di questa settimana, mentre altri testimoni parlano di contingenti più piccoli. Gli uomini farebbero parte del «gruppo Wagner», compagnia di ex militari regolari russi la cui presenza negli anni scorsi è già stata verificata in altri scenari di guerra: Ucraina, Siria e Africa.

Mercoledì, mentre gli Usa si affrettavano a riconoscere l'autoproclamatosi presidente del Venezuela, Juan Guaidò, la Russia interveniva con altrettanta celerità - insieme a Cina, Messico, Cuba, Bolivia, Nicaragua e Turchia - a difesa dell'erede di Hugo Chavez. Non tanto per affinità di idee, quanto per gli investimenti che Mosca, così come Pechino, hanno fatto nel Paese, tra prestiti e commesse di petrolio. Ancora ieri, durante la riunione del Consiglio di sicurezza Onu convocata per discutere della crisi, l'ambasciatore russo ha tentato di bloccare i lavori sostenendo che fosse in corso un «grave abuso delle prerogative» delle Nazioni Unite. Maduro, su Twitter, ha promesso che nessuno può «interferire nella vita politica del Venezuela, mettere da parte la nostra sovranità e istituire un governo fantoccio dell'impero americano». «Nessuno ci può dire se delle elezioni vanno convocate oppure no, sono solo ingerenze infantili», si è accodato il ministro degli Esteri Jorge Arreza.

Per il presidente accusato di aver portato il Paese nella peggior crisi umanitaria ed economica della sua storia, «il tempo delle invasioni è finito». Monito che non sembra valere per i paramilitari russi, di cui per ora né Mosca né Caracas hanno confermato l'esistenza. Secondo Shabayev un gruppo sarebbe partito a bordo di due charter diretti a L'Avana, Cuba: qui sarebbe stato trasferito su voli commerciali con destinazione Venezuela. L'obiettivo sarebbe quello di occuparsi della sicurezza personale di Maduro, un tema che diventerebbe prioritario se l'esercito venezuelano, attirato dalla promessa dell'amnistia, passasse dalla parte di Guaidò. Che ancora venerdì si appellava ai militari: «Ora tocca a voi mettervi a fianco al popolo del Venezuela».

Fondato tra 2013 e 2014, il «gruppo Wagner» è nato da due uomini vicini a Putin: Evgenij Prigozhin, presunto ideatore della «fabbrica dei troll» di San Pietroburgo, e l'ex colonnello delle forze speciali russe Dmitriy Utkin. La sua presenza è stata registrata per la prima volta in Ucraina in aiuto dei filorussi, prima in Crimea e poi in Donbass. Poi è stata la volta della Siria, dove la compagnia avrebbe combattuto contro i ribelli anti-Assad e lo Stato islamico. Rimettendoci anche la vita, come i 200 mercenari russi uccisi a febbraio vicino a Deir Ezzor in uno scontro con la coalizione statunitense.

Le ultime notizie che riguardano i miliziani risalgono ad agosto, quando in Repubblica Centrafricana tre giornalisti russi sono stati uccisi in circostanze poco chiare.

I reporter stavano lavorando a un documentario sulla presenza di Wagner nel Paese.

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