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Renzi alza la voce con la Merkel (ma lei non ascolta)

Il premier invoca regole comuni. Ma il Cancelliere lo esclude dal summit che conta

Renzi alza la voce con la Merkel (ma lei non ascolta)

Mentre dallo scranno più alto del Bundestag invoca «una posizione comune da parte dell'Europa», Angela Merkel, in pieno vertice Ue sull'emergenza rifugiati, ne organizza uno ristretto con Hollande, il premier turco Davutoglu e i leader di Austria e Olanda. Le sorti della tenuta dell'Europa, e il futuro stesso degli accordi di Schengen, transitano quindi da un summit off limits per l'Italia (solo seconda alla Grecia come meta dei profughi). La parola d'ordine sul dossier immigrazione al vertice di Bruxelles sarà quella di «non prendere nessuna nuova decisione operativa». Si tornerà a fare pressione sui Paesi perché procedano nell'attuazione della redistribuzione, del controllo delle frontiere esterne e dei rimpatri. Un compitino che dovrebbe valere per tutti, anche se la Germania veste i panni dello studente indisciplinato anteponendo la tenuta del proprio governo alle linee guida europee. L'annuncio di aprire le porte ai profughi sta incrinando la popolarità della Merkel, soprattutto dopo le violenze di Capodanno a Colonia su centinaia di donne a opera di bande di immigrati.

La Turchia è il ventre molle del flusso migratorio che parte da Siria e Iraq, e la cancelliera tedesca ha già incontrato tre volte negli ultimi quattro mesi il premier Davutoglu. Tutto nell'ottica di accordi favorevoli dai quali verrà di sicuro estromessa l'Italia. Nei giorni scorsi la Merkel aveva detto che la Turchia «si sta impegnando a fare di tutto per riuscire a ridurre l'arrivo di migranti che dal suo territorio muove verso l'Europa». Renzi prende atto, ma ribadisce che «la questione immigrazione è europea. Non è possibile avere regole separate». L'Italia spingerà affinché parallelamente all'impegno a realizzare entro il semestre di presidenza olandese un corpo europeo di guardia-coste, si preveda anche un quadro europeo nella gestione dei flussi. Cosa accadrà all'atto pratico nella due giorni di Bruxelles non è di semplice analisi, molto dipenderà anche dall'esito del mini-vertice voluto dalla Germania. Se da una parte, almeno in via ufficiale, Italia e proprio Germania spingono per la la revisione del regolamento di Dublino e per creare un meccanismo obbligatorio di redistribuzione dei rifugiati, la Francia e tanti altri Paesi pensano che non ci sarebbe niente di peggio che aprire nuovi cantieri quando ancora si è in alto mare per mettere in atto le decisioni già prese. I leader dei 28 Paesi non hanno una visione convergente. L'Austria, una degli invitati della Merkel, ha reso noto che a prescindere dal numero di profughi che si presenteranno ai suoi confini ne accetterà al massimo ottanta al giorno. In aggiunta consentirà l'ingresso di massimo 3.200 migranti a patto che vogliano solo passare attraverso l'Austria per poi procedere verso altri Paesi.

Particolarmente dura la posizione della Repubblica Ceca, che ipotizza, per voce del premier Sobotka, la creazione di nuove frontiere nel caso in cui la Turchia non dovesse assolvere ai propri obblighi. In pratica si tratterebbe di delineare nuove frontiere nel nord della Grecia: tra la Grecia e la Macedonia e la Grecia e la Bulgaria. Tutto questo mentre il presidente della Commissione Europea Juncker tesse le lodi di Atene: «In Grecia adesso a nove richiedenti asilo su dieci vengono prese le impronte digitali. A settembre erano l'8%».

Martedì ad Atene c'era il presidente del consiglio europeo Tusk, che ha escluso un isolamento della Grecia.

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