Politica

Renzi tra battute e gelati nasconde le liti nel governo

Consiglio dei ministri teso col premier che dice "facciamo" e Padoan che frena: "Non si può". E subito dopo davanti ai giornalisti Matteo fa il solito cabaret

Renzi risponde all'«Economist» e a Palazzo Chigi arriva un carretto dei gelati
Renzi risponde all'«Economist» e a Palazzo Chigi arriva un carretto dei gelati

Un Consiglio dei ministri teso, con il solito copione: uno che scalpita e che dice «Facciamo»; l'altro che frena e che risponde «No, non si può». Veste i panni del «signor no» il solito ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, colui che tiene stretti, strettissimi, i cordoni della borsa. Un braccio di ferro che ha l'esito scontato. Vince l'«altro», qualcuno dice spalleggiato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio. Qualche cronista azzarda durante il Cdm: tra loro stanno volando gli stracci. Ma le indiscrezioni non vengono confermate. Di certo il braccio di ferro ha riguardato le misure riguardanti le agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni. Tutte norme che hanno un costo e che avrebbero eroso quel «tesoretto» che va mantenuto intatto in vista della legge di Stabilità.

Che non tutto sia filato liscio lo dimostrano le tre ore di riunione, al termine delle quali il premier ha dato vita a un vero e proprio show. Il pretesto è la vignetta critica dell' Economist appena uscito, che lo ritrae con un cono gelato in mano. Ergo , ecco il colpo di teatro: fare entrare un carretto dei gelati nel cortile di Palazzo Chigi: «Ho letto oggi commenti del tipo “L'Italia insultata per la copertina dell' Economist ”... Commenti che rispetto ma che trovo fuori scala - dice il premier a fine consiglio -. Ho voluto con una battuta dimostrare che rispetto ai pregiudizi che l'Italia suscita dobbiamo rispondere con la realtà dei fatti. Ad esempio che il gelato artigianale è meglio di quello confezionato. Anche perché siamo convinti che il lavoro che stiamo svolgendo è importante e serio». Immediate le punzecchiature su Twitter : «Se poi ci danno dei gelatai non offendiamoci».

Al termine dello show con il cono, Renzi dà il via allo show prettamente politico minimizzando i dati tragici sul Pil: «I consumi hanno segno più (+0,1% sic! , ndr), ancorché minimale, non do molta importanza alle virgole». E partono gli annunci: «Lunedì racconteremo il percorso dei mille giorni. Ecco il logo del nuovo sito “Passo dopo passo”, dove racconteremo la scommessa dei mille giorni». Quindi via a pigiare sul telecomando delle slide e fare la sintesi dello «sblocca Italia» buttando qua e là cifre da capogiro: «Dieci miliardi in 12 mesi. Qui ci sono misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive». E ancora: «Ci sono nuovi incentivi per la banda larga, il recupero di risorse non spese e ci impegniamo a confermare l'ecobonus».

Quindi il secondo pilastro del Cdm: la riforma della giustizia. Come anticipato, sul civile c'è l'accordo e quindi via libera al decreto legge. Sul penale, siccome i nodi restano, ci saranno più provvedimenti: «Sul penale avremo più disegni di legge», ammette Renzi. Che poi giura: «Alla fine dei mille giorni in Italia ci vorrà meno di un anno per il processo civile». E ancora, scure del 50%: «Dimezzamento della pausa estiva e dimezzamento degli arretrati». Annuncia che sulla responsabilità civile dei magistrati il governo andrà dritto per la sua strada perché «chi sbaglia paga». Mentre sulle intercettazioni il premier dribbla il problema: «Ci sarà una delega al Parlamento: e vorremmo coinvolgere anche i direttori dei giornali».

Altro punto eluso: la riforma della scuola. Ma il premier nega contrasti e fibrillazioni: «Macché problema di copertura - dice -. La presenteremo mercoledì. E non è vero che ho litigato con il ministro Giannini. Abbiamo soltanto fatto una riunione del Pd a Palazzo Chigi e non l'abbiamo invitata. Mi scuso con lei ma dopo tutto non è nemmeno iscritta al partito, sicché...

».

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