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Renzi boccia i talk show (senza di lui)

Il premier-segretario non ha mai fatto mostra di amare dissenso e contraddittorio. E scrive un tweet acido contro Piazza Pulita 

Renzi boccia i talk show (senza di lui)

Dovesse andargli male, un posto da critico televisivo non glielo negherebbe nessuno. I trucchi del mestiere li conosce, avendo bazzicato in lungo e largo gli studi. E dunque, la capacità di osservazione e quella di valutazione non gli mancano. Ce ne ha dato un saggio l'altra sera, in diretta a Piazza Pulita , su La7, anche se lui era solo spettatore, per quanto molto interessato. Si parlava di Quirinale e di Patto del Nazareno, infatti; in studio Stefano Fassina, Vittorio Feltri, Vittorio Sgarbi, Oscar Giannino e Roberta De Monticelli pronosticavano sul prossimo inquilino del Colle più alto di Roma in base alle alleanze tra il premier e Berlusconi. Così a un certo punto a Renzi è scappato il tweet rosicone: «Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia», ha postato sul suo profilo. Si sa, Twitter è uno strumento malandrino, soprattutto quando si fa il livetweetting : il cinguettio in tempo reale stuzzica i polpastrelli e solletica l'impulsività. E così, ecco la recensione anti-talk-senza-di-lui.

Il premier-segretario non ha mai fatto mostra di amare dissenso e contraddittorio. Vorrebbe che la comunicazione fosse un tantino più allineata. Più convergente, si potrebbe dire con termine tecnico. Sarà per questo che tiene a battesimo tutte le stagioni dei salotti televisivi con l'eccezione di pochi tra i quali proprio Piazza pulita . Leggendo in diretta il post infatti, Corrado Formigli coglieva l'occasione per innovare l'invito. Un paio di giorni prima Fassina aveva dichiarato che il capo dei 101 franchi tiratori anti-Prodi era lui, l'ex rottamatore. Che ora s'innervosiva in poltrona e con un successivo tweet chiariva: «Dobbiamo cambiare modo di raccontare l'Italia e la politica. Non siamo quella roba lì». Da caustico critico si trasformava in conduttore tv o direttore di testata giornalistica. E anche questo, un domani, sarebbe un mestiere nel quale potrebbe cimentarsi con successo. «Cambiare il modo di raccontare la politica» sarebbe un ottimo e ambizioso piano editoriale, niente da dire. Anche perché di quello attuale cominciano a stancarsi pure i telespettatori, in quote crescenti.

I quali cominciano ad aver chiaro che i talk show sono utili più a chi li fa - reti tv (alle quali costano poco), conduttori (ben pagati) e ospiti (in vista del consenso) - che a chi li guarda. Vuoi vedere che, egocentrismo a parte, alla fine della fiera, sulla sostanza ha ragione lui?

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