Elezioni Comunali 2017

Renzi dice che non ha perso e in rete lo prendono in giro

Il leader Pd: luci e ombre. I social si scatenano: «Bravo Mattè, è tutto ok». Direzione convocata per il 10 luglio

Renzi dice che non ha perso e in rete lo prendono in giro

In prima battuta, Matteo Renzi cerca di mitigare la sconfitta e sui social commenta: risultato «a macchia di leopardo», «luci e ombre», e comunque primazia numerica del Pd nel bilancio finale: «67 sindaci al centrosinistra, 59 al centrodestra, 8 ai Cinque Stelle», sintetizza. In rete subito fioccano i commenti e molti sono sarcastici o peggio ancora. «Matteo, è tutto a posto, va tutto bene - scrive Angelo - tu comanderai il mondo e lo salverai». «A Mattè, forse qualcuno su Twitter lo riesci pure ancora a cojonà - cinguetta Antonio - ma alla direzione Pd so' c..zi tua». Qualcuno posta la foto di Renzi e Orfini intenti a giocare alla playstation: «È bello immaginarli così, mentre il loro partito affonda».

Bontemponi telematici a parte, la diagnosi renziana fa inalberare la minoranza interna, con Andrea Orlando: «Non sono d'accordo con la lettura di Renzi e direi di non fare, il giorno dopo, come la vecchia politica. Si tratta di una sconfitta», e va ammesso. Insomma, è il messaggio, non fare come il Bersani ai tempi dell'«Abbiamo non vinto» delle politiche del 2013, su cui proprio Renzi ironizzò ferocemente.

A consolare il leader Pd, però c'è il fatto che a sinistra, dai ballottaggi, non esce bene nessuno. Neppure il padre nobile Prodi, che si era esposto a sostegno delle sconfitto Crivello a Genova senza spostare granché. Figurarsi Pisapia, Bersani, D'Alema e compagnia antirenziana. Insomma, il risultato doloroso di domenica consente però di dire un no secco alle alleanze.

Nel Pd infieriscono: «Serve il modello Pisapia se no si perde, ci dicono», osserva perfido Matteo Orfini. «Peccato che la sconfitta peggiore la abbiamo subita a Genova, dove venivamo da cinque anni di sindaco arancione e avevamo un candidato che piace alla gente che piace. Risultato: ha vinto il centrodestra».

La Direzione Pd in cui si discuterà di amministrative e alleanze si terrà solo il 10 luglio prossimo. Ma intanto al Nazareno tirano un bilancio secco: la «larga coalizione» di centrosinistra tanto esaltata da Prodi o dalla minoranza Pd non porta alcun valore aggiunto, dal punto di vista elettorale, al Pd. Anzi: «Mesi di dibattito tutto tatticistico su alleanze, Ulivo, Unione e quant'altro son serviti solo a disorientare i nostri elettori: abbiamo fatto le coalizioni nelle città, poi a Roma i nostri alleati ci sparavano contro ogni giorno e presentavano mozioni per cacciarci dal governo. Si è visto il risultato: Berlusconi li ringrazia», si sfoga Matteo Ricci, responsabile Enti locali del Pd.

E Renzi, che prepara per il fine settimana l'assemblea dei circoli Pd a Milano, è ancora più duro sul tema: basta discussioni snervanti sull'allargamento a sinistra, anche perché il voto di domenica dimostra che non è a sinistra che si vince, ma al centro: «Il Pd deve fare il Pd», restare «l'asse fondamentale del riformismo italiano» e chi vuole aderire alla sua linea bene, si aggreghi. Se no, non verrà certo inseguito: «Se Pisapia vuol fare il candidato di D'Alema, faccia pure», dice Renzi. E coi suoi prepara la linea che detterà a Milano: «Abbiamo provato lo schema Prodi-Pisapia che piace tanto a Repubblica: non ha funzionato, e Genova sta lì a dimostrarlo. Se il Pd si allea con scissionisti e sinistra radical, il voto borderline va a destra». Invece, ragiona, conviene «andare alle elezioni come singoli partiti e non come coalizioni e darsi un profilo netto di forza riformista». Stando ben lontani, aggiunge, «dai tatticismi politici, dalle trattative sulla legge elettorale e anche da quelle col governo». Insomma, un «tornare alle origini», come sintetizza Roberto Giachetti, a quel Pd «a vocazione maggioritaria» di veltroniana memoria.

A dare l'altolà ufficiale al tormentone del Nuovo Ulivo è Matteo Orfini. Il presidente del Pd pubblica su Twitter un'immagine eloquente e terrorizzante: il famoso «Tavolo dell'Unione» dei tempi di Prodi, attorno al quale sedeva un caravanserraglio di coalizione: da Mastella a Di Pietro, da Pecoraro Scanio a Diliberto e Ferrero alla Bindi.

Come dire: tornare lì? Giammai.

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