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Renzi imbarca i grillini. Ma sul vincolo di mandato i 5s sconfessano il leader

Di Maio: «No al mercato delle vacche». Ma lo bocciano il Pd e anche i suoi. Altri sei in fuga

Renzi imbarca i grillini. Ma sul vincolo di mandato i 5s sconfessano il leader

La prima fuoriuscita grillina, con la senatrice Vono migrata verso Italia viva di Renzi, scatena il panico nel partito della Casaleggio.

I vertici temono che si apra una migrazione ben più consistente, e del resto dalle file renziane confermano che pour parler si moltiplicano e i parlamentari che avrebbero manifestato intenzione di fuggire dal Grande Fratello grillino per migrare verso il nuovo gruppo di Renzi sono diversi: «Almeno cinque o sei», conferma un dirigente. Che però spiega: «Matteo ci ha chiesto di bloccare tutto, per non creare inutili fibrillazioni nella maggioranza: i Cinque Stelle sono sull'orlo dell'implosione, meglio non spintonarli troppo». La Vono aveva già deciso di lasciare comunque il gruppo di appartenenza, e se non fosse stata accolta dai renziani sarebbe finita al Misto nonostante i pressanti e un filo minacciosi sms di Gigino Di Maio: «Non ti conviene uscire dal gruppo, sarai massacrata».

La reazione dei capo politico pentastellato, che per fermare le fughe e quello che chiama «mercato delle vacche» minaccia di introdurre il «vincolo di mandato» stravolgendo la Costituzione, suscita reazioni dure sia dal Pd che dai renziani: «Spero stesse scherzando», dice il capogruppo Dem Marcucci. Ma è soprattutto nei Cinque stelle che il malumore dilaga, e che i diktat di Di Maio vengono ormai respinti senza remore: «Avendo vissuto la barbarie di 14 mesi di follia legislativa leghista con annesse ritorsioni a chi non si piegava ai diktat calati dall'alto - insorge la senatrice Elena Fattori - mi opporrò con tutte le mie forze a una riforma di quell'articolo costituzionale. La democrazia non è mai stata così frangile e va tutelata». Un altro senatore M5s, Giorgio Trizzino, usa parole dure contro il capo grillino: «I parlamentari non si trattengono con le minacce. Serve una visione più ampia della politica». Intanto il senatore grillino Grassi si dimette da capogruppo in commissione: troppe «criticità» e poca «democrazia interna» nel partito. Nei prossimi mesi si prepara uno stillicidio di fuoriuscite, e Italia viva può intercettarne diverse.

Matteo Renzi non tiene in gran considerazione i sondaggi che circolano ora: «Non abbiamo neppure cominciato, non esiste un simbolo, e soprattutto non c'è ancora stata la Leopolda, che quest'anno sarà imperdibile: sono sondaggi basati sul nulla», spiega a chi tra i suoi si preoccupa per i numeri ancora bassi, tra il 3 e il 5%. E replica a Prodi sul nome da «yogurt»: «Dovrebbe essere l'ultimo a parlare di cibo e politica. Lo chiamavano il Mortadella».

Ad un alto dirigente del Pd zingarettiano, che lo provocava annunciando uno sbarramento al 5% «così non tornate in Parlamento», ha replicato con la battuta pronta: «Io proporrò di metterlo all'8%, perché se fosse al 10% non tornereste voi». L'ex premier, varati i gruppi di Italia viva e eletti i capigruppo (Maria Elena Boschi alla Camera e Davide Faraone al Senato), si gode le luci della ribalta e prepara i prossimi exploit: il confronto tv con Salvini (che «non è un pericolo per la democrazia, ma per l'Italia e la sua economia sì») e l'appuntamento fiorentino con la Leopolda.

Ieri, saltando da Radio 24 agli studi di L'aria che tira, ha anche parlato dell'inchiesta fiorentina sulla fondazione Open, ironizzando sulla sua portata: «È l'ennesima sentenza annunciata via social che poi non si tramutano in atti giudiziari», dice, ricordando che la fondazione «è chiusa da tempo», e «aveva i bilanci trasparenti. Io aspetto le sentenze della Corte di Cassazione nella certezza di non aver mai fatto nulla di negativo». Assicura: «Non parlerò mai male della magistratura». Ma ricorda: «L'annuncio dell'arresto dei miei genitori ha fatto il giro d'Italia. Il fatto che poi l'arresto sia stato annullato da altri magistrati perché sproporzionato è passato sotto silenzio». E i magistrati erano gli stessi, come ricordava lo stesso Renzi alcuni giorni fa: «Nessuna polemica. Ma non è la prima inchiesta che viene dal procuratore Luca Turco e dal suo capo Creazzo: sono certo che non sarà l'ultima. Che lavorino tranquilli sui numerosi dossier che hanno aperto: noi rispettiamo i magistrati e aspettiamo le sentenze della Cassazione, come prevede la Costituzione.

Tutto il resto è polemica sterile».

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