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Renzi inguaia Obama: Europa peggio della Siria Poi arriva la smentita

Gaffe del premier di ritorno da Washington: rivelati agli eurodeputati Pd i timori Usa

Renzi inguaia Obama: Europa peggio della Siria Poi arriva la smentita

«Se vince il sì, l'Italia sarà più forte anche qui a Bruxelles, nella contrattazione europea». Atterrato nella capitale belga per il vertice Ue, dopo una breve sosta a Roma (per incontrare il ministro Padoan) nel viaggio di rientro da Washington, Matteo Renzi ieri pomeriggio ha riunito gli europarlamentari del Pd. Un incontro inconsueto (per il quale il premier ha cambiato l'agenda, saltando il consueto pre-vertice dei leader socialisti europei) e tutto mirato alla campagna italiana per il Sì al referendum, con la richiesta ai deputati italiani di Bruxelles a «impegnarsi sul territorio», soprattutto «da Roma in giù», visto che nel Mezzogiorno i sondaggi rilevano una prevalenza dei contrari alle riforme. Con l'obiettivo appunto, come ha spiegato a quella che è la delegazione più numerosa del Pse in Europa, di «rendere più forte l'Italia» a livello europeo, per fare di Roma «il centro propulsore del rilancio europeo» e della riforma dei Trattati, perché anche la Casa Bianca - ha spiegato - è allarmata per le difficoltà da cui l'Unione non sembra capace di districarsi. Al punto che, avrebbe detto Renzi agli eurodeputati, Obama è convinto che il dossier più delicato che lascerà in eredità non sarà tanto la Siria, considerata un'emergenza grave ma risolvibile, quanto proprio l'Europa. Un paragone piuttosto forte che viene prontamente smentita da Palazzo Chigi.

Renzi, intanto, già guarda al marzo del 2017, quando convergeranno a Roma tutti i capi di Stato e di governo dell'Ue per celebrare il sessantesimo anniversario della costituzione dell'Unione. Il premier punta per quella data ad essere in sella e a prendere la testa del rinnovamento della Ue, sulle tre direttrici che ha indicato ai suoi: superamento delle politiche di austerity, costruzione di un'identità culturale europea e Europa sociale. Per farlo, però deve vincere il referendum del 4 dicembre: e su questo ha voluto ieri motivare la sua truppa di europarlamentari.

Renzi è sbarcato a Bruxelles forte dell'investitura ricevuta da Obama e pronto al confronto sulla manovra italiana, confortato anche dagli ultimi sondaggi di Palazzo Chigi che vedono in rialzo sia la fiducia nel suo governo (dal 31 al 33%), sia il Pd (attestato al 33%, in rialzo di un punto e mezzo, mentre tutti gli altri partiti sarebbero in calo).

«La legge di Bilancio rispetta totalmente le regole europee ha mandato a dire dagli Usa, prima del rientro - Poi se l'Ue solleverà punti specifici su cui discutere, noi siamo pronti ad ascoltare». Insomma, il premier è consapevole che nel nuovo braccio di ferro con la Ue, preoccupata per lo sforamento degli obiettivi, dovrà cedere su qualcosa. A cominciare dalla riduzione del deficit nominale, che per la Commissione va limato di qualche decimale, e dalle troppe coperture «una tantum» contenute nella manovra. Ma Renzi sa anche di poter contare su una sorta di «tregua» di qui al prossimo dicembre: tutte le principali cancellerie europee sono d'accordo con Obama sulla necessità di rafforzare il governo italiano, in nome della stabilità, e sono pronte a tendere una mano per agevolare la vittoria del Sì nel referendum. La trattativa con Bruxelles sarà dunque assai più politica che numerica, e il governo Renzi punta a far slittare il più possibile nel tempo le critiche europee e le necessarie correzioni alla manovra di bilancio: dopo l'inizio di dicembre, quando la campagna referendaria sarà conclusa.

Intanto il governo italiano spera di poter incassare dal vertice europeo qualche piccolo passo avanti sulla questione dell'immigrazione: sul Migration Compact, il piano di investimenti nei paesi di origine proposto proprio dall'Italia, qualche progresso potrebbe realizzarsi già oggi.

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