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Renzi intercettato: un depistaggio nell'indagine farsa

La telefonata col padre finisce sul Fatto. Una fuga di notizie che fa tutti contenti

Renzi intercettato: un depistaggio nell'indagine farsa

Una volta per vendere un libro bisognava avere talento e capacità di scrittura. Oggi basta essere giornalisti, avere un potente per amico col quale costruire una bufala verosimile, creare l'attesa e il gioco è fatto: si diventa ricchi grazie ai fessi come noi che corrono in libreria ad acquistare il «libro dell'anno», che poi al massimo si dimostra «della settimana». È successo la scorsa settimana con Ferruccio de Bortoli e il suo Poteri forti o quasi con il caso Boschi, succederà questa settimana con Marco Lillo (giornalista de Il Fatto Quotidiano), autore di Di padre in figlio, raccolta di carte inedite sul caso Consip e il mondo renziano. Tra queste carte c'è una recente intercettazione telefonica, ottenuta illegalmente da un magistrato compiacente, nella quale Matteo Renzi, saputo del coinvolgimento del babbo nell'inchiesta Consip, strapazza il genitore e lo invita a non fare il cretino, a collaborare senza indugio con i magistrati.

La vera cosa da capire è la seguente: chi prende per i fondelli chi, perché, nel merito, la telefonata non svela nulla se non un figlio preoccupato, come ovvio, per sé e per il padre.

Mettiamo in fila i fatti. Il primo: Renzi junior non poteva non sapere che quella telefonata sarebbe stata intercettata e, visto che a leggerla fa non dico un figurone ma quasi, è probabile che si sia trattato di una furbata, una messa in scena ad uso dei magistrati e, un domani, come è puntualmente accaduto, dell'opinione pubblica. Il secondo: la procura di Napoli non capisce il tranello, o finge di non capirlo, e chiama il giornalista amico. Mi vedo la scena: «Marco, ho roba che scotta per te, solo per te». Marco Lillo corre, neppure lui capisce o, più probabilmente, capisce che quella inutile telefonata può essere lo specchietto per le allodole per fare parlare del suo inutile libro e, tutto contento, torna a casa col malloppo. Il terzo: Marco Travaglio, come al solito, capisce subito tutto e pone la condizione che il libro-bufala si venda con il Fatto, che come tutti noi è a corto di copie. E, infatti, sul giornale di ieri lancia l'anteprima con un'enfasi da scoop mondiale. Due piccioni con una fava: soldini in cassa e cortina fumogena sul vero scandalo del caso Consip che riguarda non babbo Renzi, ma gli amici del Fatto, cioè gli investigatori e il pm di Napoli che già, come noto, avevano falsato le carte pur di provare a incastrare babbo Renzi.

E noi, fessi, qui a leggere e scrivere di questa banda di cialtroni e di un'inchiesta fatta di bufale e contro-bufale.

Che invidia.

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