Politica

Renzi non vuole fare concessioni alla minoranza e si prepara allo scontro in direzione

Roma Alla vigilia dell Ok Corral di lunedì nella Direzione Pd, la trattativa tra il premier e la minoranza Pd è in stallo. «Renzi si deve fidare: se si concorda qualche modifica all'Italicum l'approvazione rapida sarà garantita anche in Senato», insiste il capogruppo Pd Roberto Speranza, che sta tentando una mediazione - per ora senza esito - tra il leader e i bersaniani cui, almeno formalmente, appartiene.

Ma Renzi non si fida per nulla della fronda interna: gli è bastato seguire il dibattito dell'assemblea dell'Acquario, organizzato la settimana scorsa da Bersani, per avere la conferma che «quelli vogliono solo riprendersi la Ditta», e per farlo tentano di «dare colpi» al suo governo, come ha teorizzato D'Alema, nella speranza di indebolirlo. Accettare una ulteriore modifica al testo della legge elettorale, facendola quindi ripassare sotto le forche caudine del Senato, equivarrebbe a farla naufragare. «Non aspettano altro: vogliono affossare l'Italicum maggioritario e tenersi il proporzionale del Consultellum, in modo che nessuno possa più vincere le elezioni», ragiona un esponente renziano. Dunque resta il muro contro muro, e si va verso una conta in Direzione che approverà a larghissima maggioranza la linea del premier, visto che i dissidenti non sono più di una trentina. «Un voto che impegnerà tutti, nel partito», ammonisce il vicesegretario Guerini. «Se Renzi tira dritto sulla linea “l'Italicum non si tocca” noi voteremo contro in Direzione», controbatte la minoranza del Pd. Annuncio che difficilmente è destinato a spaventare il premier, visti i numeri.

Il problema è cosa accadrà poi alla Camera, quando tra fine aprile e inizio maggio si voterà la legge elettorale. La minoranza voterà contro anche lì, andando alla rottura plateale con la linea del Pd? I bersaniani hanno tentato di appellarsi alla «libertà di coscienza» che vige sulle materie costituzionali, ma sono stati platealmente smentiti non solo dal presidente del Pd Matteo Orfini ma anche dallo stesso Speranza: «La legge elettorale non è materia di coscienza, è materia politica ed quindi necessaria un'intesa politica». Il fatto è che molti degli emendamenti verranno votati a scrutinio segreto, e la fronda Pd conta molto sul fatto che, in alcuni casi, ai loro voti si possano unire quelli di pezzi dell'opposizione (Fi, Sel, Cinque Stelle) interessati a stoppare Renzi, e della stessa maggioranza. Ad esempio, fanno notare, «perché Ncd dovrebbe votare a favore del premio alla lista anziché alla coalizione, che garantirebbe loro di far parte di un'alleanza e di condizionarla?». I renziani allargano le braccia: «Se vogliono provare a mandarci sotto a scrutinio segreto facciano pure. Si saprà da che parte sono venuti i voti e saranno Bersani e compagni a spiegare agli elettori perché hanno affossato la legge elettorale che il Paese aspetta da anni». Stefano Fassina lamenta che Renzi stia spingendo la minoranza del Pd verso la scissione: «Le continue forzature, le continue delegittimazioni, sono di uno che preferirebbe che un pezzo di Pd se ne andasse».

Ma che al dunque l'ala non renziana del Pd si dividerà e rientrerà in gran parte nei ranghi lo lascia intendere Cesare Damiano: «Le minoranze sono più d'una, e non è detto che si comporteranno tutte nello stesso modo».

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