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Renzi prende tempo Ma dopo il referendum c'è la stangata europea

L'esecutivo cerca di rinviare il redde rationem sul Bilancio. A fine anno servono 3,5 miliardi

Renzi prende tempo Ma dopo il referendum c'è la stangata europea

Roma - Lettera della Commissione in partenza in tarda serata. La legge di Bilancio che, a nove giorni dall'approvazione, ancora viaggia sotto forma di bozza nelle stanze di Palazzo Chigi e non approda come dovrebbe in Parlamento. I tempi dell'esame europeo che si allungano di giorno in giorno. Ritmi mediterranei per la manovra 2017. Solo i rappresentanti della Commissione sono già al lavoro nelle stanze del ministero dell'Economia. Sono arrivati ieri, ma non per spulciare i conti della manovra (ancora sconosciuti a parlamentari e agli italiani) e suggerire aggiustamenti da fare in corsa. È una visita di rito legata agli «squilibri macroeconomici», dell'Italia, quindi alla stesura del prossimo «rapporto Paese» dell'Italia.

Ma due fatti possono essere già dati per certi. Primo, l'esecutivo europeo farà il possibile per aiutare Matteo Renzi, rinviando il giudizio sulla «finanziaria» a dopo il referendum. Secondo, il conto presentato da Bruxelles, prima o poi, andrà pagato.

Quanto potrebbe costare la correzione a posteriori della legge di Bilancio non è facile prevedere. Si può ipotizzare un decimale di deficit da tagliare, portando dal 2,3% al 2,2%. Poi il disavanzo strutturale da ridurre e portare dall'attuale più 0,6%, non a meno 0,4% come previsto dai patti, ma almeno a più 0,5%.

In tutto un conto intorno ai 3,5 miliardi che potrebbe arrivare dopo dicembre, quando ci sarà già stato il referendum e il quadro politico italiano sarà o confermato o stravolto. Nel primo caso, quello di una vittoria del Sì, il premier Renzi sarà in grado di reggere una manovra di aggiustamento, magari facendo marcia indietro su alcune scelte messe nella legge di Bilancio. Nel secondo caso, vittoria dei No e crisi di governo, toccherà ai tecnici mettere mano ai conti dello Stato, dando la colpa al predecessore. Un po' come i governi Monti e Letta dopo l'esecutivo Berlusconi.

Inevitabile che il conto arrivi perché la Commissione europea è in questo momento debole. Incalzata dalla Germania, che non può permettersi di affrontare le elezioni con Bruxelles che si mostra debole con gli Stati che non rispettano i patti. Una pressione molto più forte di quella che può mettere in campo Renzi minacciando di impuntarsi sui migranti, o sul bilancio europeo.

Ma per ora, spiegavano ieri fonti di Bruxelles, nessuno ha interesse a tenere alta la polemica. Sicuramente per non disturbare troppo l'esecutivo italiano alle prese con il referendum sulle riforme costituzionali. Ma anche per non fare emergere la debolezza della Commissione nei rapporti con gli Stati. L'unico modo per tenere bassa la polemica è, appunto, appellarsi per il momento ai passaggi formali. Ieri la portavoce del commissario Ue agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici ha chiarito che non ci saranno bocciature a mezzo stampa.

La lettera di Bruxelles fa parte di una procedura leggera di «consultazione» tra i Paesi membri e la Commissione quando vengono rilevati dei problemi nei documenti dei Paesi. L'Italia è in buona compagnia. L'esame vero e proprio dei Documenti programmatici di bilancio avviene entro il 30 novembre.

A quel punto la Commissione potrà decidere, non di bocciare, ma di esprimere un parere negativo e invitare il governo a rivedere i conti.

Se è quando il governo deciderà di mettere mano sul serio ai conti della legge di Bilancio, il voto sarà già passato.

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