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Renzi recluta Orlando per disinnescare Franceschini

Nella cabina di regia Pd mano tesa alla minoranza. Fuori chi è vicino all'ex segretario

Renzi recluta Orlando per disinnescare Franceschini

Roma - Matteo Renzi prova a disinnescare (a colpi di nomine) la «bomba» Franceschini. Il segretario del Pd offre la tregua al leader dell'opposizione interna Andrea Orlando per indebolire l'offensiva del ministro dei Beni Culturali. Il primo segnale arriva nella scelta dei componenti della cabina di regia, una versione aggiornata del giglio magico, che curerà i contenuti della conferenza programmatica «Italia 2020» di ottobre. Del comitato ristretto faranno parte i ministri Graziano Delrio e Maurizio Martina, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi, Tommaso Nannicini, Michele Emiliano, Andrea Orlando e il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino. Renzi rottama i rappresentanti di area dem, la componente politica del titolare della Cultura, preferendo un'intesa coi due leader della minoranza. Una vendetta, in piena regola, che segna l'inizio della guerra tra Renzi e Franceschini.

Al contrario, il coinvolgimento di Orlando ed Emiliano è una contropartita che l'ex sindaco di Firenze mette sul piatto delle trattative per siglare la pace col Guardasigilli, sperando di blindare la leadership da eventuali fucilate dei franceschiniani. Entra in cabina di regia Chiamparino: il governatore del Piemonte, nonostante i buoni rapporti con l'ex sindaco di Torino, Piero Fassino, è un autonomo, non facendo parte di nessuna componente politica. Nel nuovo giglio magico c'è anche la Boschi: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio era sparito dalla scena politica dopo la bocciatura della riforma costituzionale nel referendum del 4 dicembre. Anche nella scelta dei responsabili dei dipartimenti, 40 in tutto (20 donne e 20 uomini), il segretario del Pd getta le basi per l'avvio di una fase di disgelo con il Guardasigilli. Non c'è ancora un accordo ma è un primo passo verso un nuovo equilibrio. Se da un lato, Renzi punta a sfilare alla sinistra l'appoggio nel Pd di Orlando, dall'altro, il vero obiettivo della manovra politica è di isolare Franceschini, considerato da Renzi il vero incubo per Renzi.

Il ministro, all'indomani dei ballottaggi a giugno, forte dell'appoggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e di rapporti consolidati con il premier Gentiloni, ha cominciato a smarcarsi dalla linea politica del segretario per imboccare una strada autonoma. Strada che si poggia su due pilastri: ritorno al centrosinistra e legge elettorale con premio di coalizione. Nello scacchiere di Franceschini non è in gioco solo il cambio di rotta del partito ma anche un bel po' di posti in Parlamento nella prossima legislatura. La componente del ministro ospita la più alta percentuale di deputati e senatori che hanno superato il limite dei tre mandati: senza una deroga, sono fuori. Manna dal cielo per Renzi, che punta a ridurre il peso parlamentare di Franceschini nella prossima legislatura. Il segretario dei dem teme che in un governo di larghe intese l'attuale ministro dei Beni Culturali possa avere maggiori possibilità di mettere insieme una maggioranza bipartisan. C'è un solo modo per neutralizzare il pericolo Franceschini: rafforzare la leadership di Renzi nel Pd.

Anche a costo di siglare un patto con il «diavolo» Orlando.

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