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Renzi: "Via l'articolo 18". Ma la minoranza Pd non ci sta

Il premier tira dritto: "Non cedo ai poteri forti". D'Alema: "Segue la vecchia guardia di centrodestra". Fiom e Cgil non ci stanno

Renzi: "Via l'articolo 18". Ma la minoranza Pd non ci sta

Pronto a eliminare l'articolo 18 e schierato contro i poteri forti. È questa l'immagine che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dà di sè dalle colonne di Repubblica, in una lunga intervista pubblicata questa mattina.

Il premier ha chiari in mente i suoi prossimi obiettivi, a partire dalla riforma dello Statuto dei lavoratori. "È stato pensato 44 anni fa", ricorda. Abbastanza perché sia ora di metterci mano e di eliminare l'articolo 18 che "in fin dei conti non difende quasi nessuno".

Renzi giustifica la sua posizione con i numeri: "Nel 2013 i lavoratori reintegrati sono stati meno di tremila". E auspica che l'opzione resti soltanto per i casi di discriminazione e che si arrivi a una soluzione definitiva, perché "lasciarlo a metà non tutela i cittadini e crea incertezza alle aziende".

L'intento di Renzi è chiaro, ma la coesione nel Partito Democratico sembra essere venuta meno. La fronda, però, non lo preoccupa: "In un partito normale si discute, si vota anche dividendosi". A patto che poi si prenda "una decisione e la si rispetti". Resta però il fatto che ieri Pippo Civati aveva messo in guardia su una possibile secessione interna al Pd, che però sembra invece lontano all'ex segretario Pierluigi Bersani.

Sull'esigenza della riforma, il premier non ha poi dubbi. È una richiesta di Bruxelles? "Non scherziamo". E torna a parlare di poteri forti, dopo una serie di attacchi arrivati da giornali, imprenditori e dai vescovi italiani. Poteri forti che per lui sono "quelli che in questi venti anni hanno assistito silenziosi o complici alla perdita di competitività dell'Italia" e che voglio "in sei mesi quello che loro non hanno fatto in vent'anni".

Se Renzi è convinto della necessità di riformare il mercato del lavoro, altri membri del suo partito marciano in direzione opposta. È il caso, per citare un nome, di Massimo D'Alema, che in un'intervista al Corriere della Sera, sostiene che non ci sia nessuna emergenza legata alla rigidità del mercato e accusa il premier di interloquire solo con una vecchia guardia, "quella rappresentata dal centrodestra di Berlusconi e Verdini".

E se Renzi continua a ripetere di essere padrone in casa sua e di non dover rispondere a particolari diktat da parte di Berlino o Bruxelles, D'Alema è di un'altra impressione: "Per venire fuori dall'impasse e ottenere concessioni dall'Europa, ha deciso di puntare su una questione che è chiaramente ininfluente".

Repliche a Renzi arrivano sia da Maurizio Landini (Fiom), che da Susanna Camusso (Cgil). Il primo ricorda che l'articolo 18 serve a "impedire i licenziamenti illegittimi" , non "per i licenziamenti discriminatori", per cui "ci sono già, il codice civile e la costituzione" . La seconda che pensare alla reintegra solo per il licenziamento discriminatorio non è comunque "un'apertura" da parte del governo.

A difendere il premier ci pensa però il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, convinto che "sta proponendo cose giustissime" e che la riforma deve proseguire "con procedure che siano il più veloci possibile".

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