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Renzi ruba i temi alla destra: rieccolo col taglio delle tasse

Il segretario del Pd torna ad avventurarsi negli annunci: «Via 30 miliardi di imposte». La gag sulla Fiorentina

Renzi ruba i temi alla destra: rieccolo col taglio delle tasse

Non per fare il guastafeste, ma ogni qualvolta sia necessario citare un guscio «vuoto», quel marchio Festa dell'Unità che il segretario del Pd ha deciso di staccare dal destino del quotidiano, sarebbe pure opportuno ricordare il triste evento della dipartita. La chiusura del giornale fondato nel '24 da Gramsci e riportato in vita illusoriamente da Matteo Renzi un paio d'anni fa. In una recentissima intervista su Repubblica.tv, il leader se n'è (ancora una volta) lavato le mani: «Purtroppo è una realtà che appartiene a un privato - ha detto -, il Pd ha altri canali di comunicazione... Vorrei che fosse chiaro che l'Unità non è del Pd... Cercheremo per parte nostra di stare vicini alle famiglie (dei lavoratori, ndr)...».

Considerato il tono di sufficienza e il fastidio mostrato anche nell'ultimo, travagliatissimo, anno di vita dell'Unità, al Renzi che ne gira e girerà quest'estate le feste per l'Italia, vorremmo segnalare l'ultimo atto della vicenda: persino le serrature della redazione, due giorni fa, sono state cambiate «per evitare intrusi». I lavoratori, non preavvisati, sono rimasti fuori la porta. «Noi giornalisti e poligrafici dobbiamo prendere le nostre cose per appuntamento. Dire amarezza è poco, trattati come cose fastidiose...», scrive una (ex) redattrice su Fb. E un'altra: «Mi viene da vomitare...».

Ma il segretario, come si sa, ha ben altre cose cui pensare. Ora con il lancio del proprio libro frequenta librerie e centri commerciali, mentre la fantasmatica pubblicazione on-line Democratica, diretta da Andrea Romano, non risulta neppure registrata al Tribunale in qualità di testata giornalistica. Oltre che a solleticare l'ego di Romano, sembra che la rivista stia saggiando l'idea che da tempo frulla in testa al segretario, e che probabilmente scatterà in autunno. Si tratta del famoso cambio di nome: addio a «partito», ormai per nulla amato dagli elettori. Scartata anche l'idea di «Movimento», Renzi vorrebbe optare per denominare la ditta semplicemente: «Democratici». Ma la prudenza non è mai troppa, in questi casi, e il leader aspetta di vedere prima come si riassetterà il centrodestra, dopo le diaspore dei centristi, e che forma prenderà Insieme di Pisapia (che ieri sera è stato ospitato, appunto, dalla Festa dell'Unità orfana di quotidiano). L'agilità del nome alimenterebbe la suggestione delle liste «civiche» cui tutti vogliono tendere, richiamandosi direttamente a «i Democratici» di Prodi e Parisi, l'Asinello fondato nel '99 come preludio al Pd.

Di imitazione in imitazione, il marketing renziano non si ferma di fronte ad alcuna difficoltà. Così se l'amore per la Fiorentina induce Matteo a offrire pericolosamente il proprio aiuto («Non ho alcun ruolo, ma il momento è delicato per i Della Valle e se posso dare una mano...»), la voglia inesauribile di inseguire il centrodestra ha suggerito di tornare ieri alla serie delle sue «promesse impossibili». Ovvero: la riduzione delle tasse. «Vogliamo continuare ad abbassarle», ha esordito, senza che nessuno si sia mai accorto del fenomeno. Il particolare non gli è sfuggito: «Perché noi abbiamo iniziato, ma ancora non è che si veda granché». Giusto. «E raccontiamo di conseguenza come fare per abbassare 30 miliardi di tasse». Come si noterà, le idee sono ancora alquanto confuse, la verve non quella dei giorni felici, ma la buona volontà c'è. Ancora un piccolo sforzo, e Renzi potrà tornare a raccontarcela con le belle promesse di un tempo. Dai, ne siamo più che sicuri.

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