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Renzi si attacca ai numeri: un milione di voti per ripartire

L'ex premier fissa l'asticella delle primarie: una festa della democrazia. Gli avversari: penalizzati dai tg Rai

Renzi si attacca ai numeri: un milione di voti per ripartire

Appelli, promesse, critiche incrociate, ultime telefonate a caccia di consenso. Alla vigilia delle primarie del Pd i tre concorrenti alla poltrona di segretario dem sparano le ultime cartucce e chiamano al voto.

Matteo Renzi, segretario uscente e grande favorito, invita tutti alla «grande festa della democrazia» e assicura che dal giorno dopo l'elezione bisognerà lavorare tutti «insieme» per realizzare un «progetto chiaro, serio, pluriennale».

Andrea Orlando, ministro della Giustizia, accreditato al secondo posto, spiega che vuole cambiare il partito e «ricostruire» il centrosinistra, impedendo larghe intese con Silvio Berlusconi.

Michele Emiliano, governatore della Puglia quotato con consensi più bassi, incita ad andare ai gazebo per «chiudere con il renzismo» e voltare pagina.

Ma su tutti aleggia il possibile flop delle primarie, uno strumento messo in discussione da molti, anche per i troppi brogli e traffici di tessere che hanno destato scandalo. Nessuno crede più ad un'affluenza simile agli anni d'oro che dal 2005 hanno sfiorato i 5 milioni, ma neppure a livelli che nelle ultime stagioni hanno superato i 2. Così, l'ex premier ripete che «un milione di persone che vanno a votare rappresentano una forza straordinaria, strepitosa». Attacca chi dice che queste potrebbero essere le ultime primarie: «Le vogliono sminuire, forse persino eliminare. Perché le primarie restituiscono potere ai cittadini, non agli accordi di potere dei gruppi dirigenti».

Per dar man forte a Renzi scende in campo anche la sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi: «Già il fatto che il partito democratico sia l'unico in Italia a scegliere democraticamente, al proprio interno, il segretario sia motivo per noi di orgoglio e di identità, perché gli altri partiti non lo fanno».

Matteo, che ha avuto la benedizione pubblica del capo del governo Paolo Gentiloni, provocando reazioni negli avversari, punta ad un 58 per cento dei consensi, che pensa di avere già in tasca e gli consentirebbe di non aver bisogno dei supporti di amici scomodi come Martina e Franceschini. Gli altri due candidati cercano di portare alle urne quanti più elettori possibile, sperando di guadagnare qualche voto.

Orlando, va in pellegrinaggio nell'area colpita dal terremoto di Norcia, incontra i profughi nella comunità di Sant'Egidio e visita la sua mensa a Roma, fa il paladino dei problemi sociali, promette di eliminare le «storture» della riforma per la Buona scuola e di mettere più attenzione sulle «disuguaglianze», indica come obiettivo la riforma elettorale per andare al voto e inventa slogan come «ricostruire un alfabeto della sinistra».

Emiliano compare alla Festa del Cinema di Puglia e in un video messaggio sul web dice che «con due euro (quelli per votare alle primarie, ndr) si cambia la storia d'Italia, e tutti possono votare, non solo gli iscritti».

Il suo sostenitore Umberto Marroni apre l'ultima polemica sulla «mancanza di equilibrio da parte dei direttori dei Tg Rai», dicendo che durante la campagna elettorale per le primarie «è stata palesemente violata la par condicio» ed Emiliano, ma anche Orlando, «continuano a essere trattati come comparse di un congresso già scritto».

Ma ormai è tardi per le rivendicazioni, si aprono i gazebo in piazze e i circoli del partito, dalle 8 alle 20.

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, prevede la vittoria di Renzi, ma lo avverte: «È difficile che un'unica forza possa governare, quindi è necessario il dialogo».

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