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Renzi si scalda ai box e lancia la sfida diretta "Io e Silvio in un collegio"

Il leader del Pd: «Spero che il Cavaliere sia candidabile. Alleanze? A sinistra 29 sigle...»

Renzi si scalda ai box e lancia la sfida diretta "Io e Silvio in un collegio"

Roma «Spero che alle prossime elezioni Berlusconi sia in campo e che gli permettano di candidarsi». L'auspicio che il Cavaliere possa risolvere il problema dell'incandidabilità prima del voto arriva a sorpresa da Matteo Renzi che ieri sera, in tv da Bruno Vespa, ha lanciato l'idea di un match diretto in un collegio con il leader di Forza Italia: «Mi piacerebbe chiedergli di candidarsi contro di me». Diversa considerazione, invece, per l'aspirante premier grillino Luigi Di Maio: «Contro il capo del partito No Vax candideremo un giovane scienziato».

Il leader del Pd si mostra ottimista sul futuro del Pd, e assicura che l'approvazione del Rosatellum non è stato un boomerang per il centrosinistra: «Con questa legge elettorale il Pd può essere il baricentro della prossima legislatura. Perché la sommatoria tra collegi e proporzionale a mio giudizio ci darà un ruolo fondamentale».

Meno entusiasmo invece Renzi lo dimostra sul dialogo con la sinistra scissionista: si intuisce che dà per persi D'Alema e Bersani e che non se ne duole poi troppo: «Alla nostra sinistra ci sono 29 sigle, con qualcuno dialogheremo», ironizza. Certo, spiega, «lasciamo la porta aperta, perché non mi faccio condizionare dai rancori personali. Ma è chiaro che non sono ottimista», nonostante il «generoso tentativo» di ricucitura «di Prodi, Pisapia e Fassino, che è più bravo di me a rimettere insieme i cocci. Ma le nozze si fanno in due». Del resto, il leader Pd non ha alcuna intenzione di «abiurare», come gli ingiungono da Mdp, alla sua riforma del lavoro per reintrodurre il famigerato articolo 18: si dice pronto a «discutere con Mdp di come far aumentare il numero dei lavoratori e che possano essere il più possibile a tempo indeterminato», ma niente ritorni al passato. E sulla sua candidatura a premier spiega: «Il candidato del Pd lo scelgono le primarie. Il presidente del Consiglio però lo sceglie il presidente della Repubblica sulla base dei risultati elettorali».

Nella sinistra oltranzista i giochi sembrano fatti: il presidente del Senato Grasso (nonostante gli appelli di Prodi e le telefonate di Franceschini e Renzi) si è entusiasmato all'idea di essere nominato leader della lista D'Alema-Vendola. L'unico dubbio, raccontano, glielo ha istillato chi gli ha autorevolmente fatto notare che, in caso di futuri governi «istituzionali», lui, da capo di Mdp, non potrebbe mai aspirare a farne il premier. Diverso il discorso se invece rimanesse a fare la riserva della Repubblica nel Pd, gli hanno spiegato. Ma l'uovo di oggi pare prevalere, nell'animo di Grasso, rispetto alla eventuale gallina domani. E la sua dirimpettaia Boldrini sarebbe sulla stessa linea. Con il Pd resta Pisapia, che i suoi pressano perché si candidi in prima persona. Con Bonino si tratta.

Ieri mattina Renzi era a Parigi, faccia a faccia con «l'uomo più importante dell'Ue, oggi che la Merkel si trova in un'impasse politica», ossia il presidente Macron. Un interlocutore importante nella battaglia «contro i populismi» anche italiani, da Salvini a Grillo.

E la tentazione macroniana di rompere i vecchi schemi non deve esser del tutto tramontata in Renzi, se prima dell'incontro è stata fatta trapelare l'idea di una possibile uscita del Pd dal Pse.

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