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Renzi usa Palazzo Chigi per sistemare i fedelissimi

Manovre spregiudicate: D'Angelis lascia l'Unità e torna nello staff del premier. Scambio di poltrone con Luna

Renzi usa Palazzo Chigi per sistemare i fedelissimi

Se con D'Alema Palazzo Chigi era «l'unica merchant bank dove non si parla inglese», con Renzi si è trasformato in uno straordinario ufficio di head hunter, generatore di carriere per talenti di provata fede renziana. Si entra, si esce, si va, si torna. Il titolo indispensabile, per far parte della fortunata élite, è quello di essere passati dalla Leopolda, la primigenia kermesse dell'allora sindaco già promesso premier, anche solo per pochi minuti. Il manager Andrea Guerra, ex Luxottica, è diventato consigliere economico di Renzi a Palazzo Chigi, prima di tornare all'opera come presidente esecutivo di Eataly (azienda supporter del renzismo), il «leopoldino» Campo Dall'Orto è diventato capo assoluto della tv pubblica, senza passare però da Palazzo Chigi, mentre Marco Carrai grande finanziatore della scalata renziana è in predicato di diventare consulente a Largo Chigi per la cyber security. Un palazzo dalle porte girevoli, dove il traffico è regolato dal sottosegretario Luca Lotti, braccio destro del premier con delega su molti dossier, tra cui quelli che riguardano editoria e informazione. È sua la firma sull'ultimo giro di poltrone a Palazzo Chigi, che stavolta coinvolge l'Unità, quotidiano del Pd (il partito possiede una quota del 19% tramite la società Eyu Srl), giornale in crisi nera da mesi e già passato da fallimento, chiusura e riapertura con l'aiuto della famiglia Pessina (costruzioni). Dopo nemmeno un anno dalla nomina il direttore Erasmo D'Angelis, già dirigente a Palazzo Chigi, lascia l'Unità e torna a Palazzo Chigi, da cui arriva il suo più accreditato successore, Riccardo Luna, giornalista ex Repubblica ingaggiato da Renzi come suo consulente per il digitale (Luna non conferma e sui social parafrasa Twain, «le notizie sulla mia nuova vita sono fortemente esagerate»). La linea ultra-renziana del quotidiano non cambierà, ma il resto sì. I conti sono in profondo rosso, le vendite sono sotto la soglia delle 10mila copie, mentre gli editori Pessina - quelli che ci (ri)mettono i soldi - hanno sollecitato un cambio di rotta per provare a salvare il salvabile. Le gaffe di D'Angelis (soprattutto la bufala sulla Raggi giovane fan di Berlusconi, difesa maldestramente come esempio di «giornalismo 2.0»), insieme alla situazione contabile disastrosa (perdite superiori ai 200mila euro al mese), hanno accelerato il cambio alla direzione, mediata da Lotti e non più dal tesoriere Pd Bonifazi in cattivi rapporti con gli editori dell'Unità. In prospettiva si prepara un taglio drastico del personale, e un passaggio al digitale per abbassare i costi. Perciò il comitato di redazione dell'Unità suona l'allarme: «Questo fallimento non lo pagheranno i lavoratori. Non saranno loro a dover pagare il conto per copie non vendute: il problema sono le scelte editoriali e industriali. Si dichiari in modo trasparente qual è il disegno su l'Unità e si smentiscano le indiscrezioni sugli occupati: siamo pronti a ogni forma di lotta in caso di azioni unilaterali».

Toni ben poco renziani.

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