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La rete delle piccole imprese fa studiare i figli degli operai

Il presidente di Confapi Casasco lancia le borse di studio per le famiglie dei dipendenti. E punzecchia il governo: "Contratti di lavoro, serve serietà"

La rete delle piccole imprese fa studiare i figli degli operai

Roma - A vederlo sembrerebbe irrealistico e invece è tutto vero. Maurizio Casasco, presidente di Confapi (la confederazione delle pmi, spesso più «agguerrita» della cugina Confindustria), e il leader della Fiom, Maurizio Landini, siedono serenamente allo stesso tavolo. L'occasione è stata fornita dalla presentazione di un accordo tra Università di Tor Vergata, Ente bilaterale dei metalmeccanici di Confapi e Fiom per il cofinanziamento di 160 borse di studio per l'anno accademico 2016-2017.Il progetto, finalizzato a facilitare la frequenza di un qualsiasi corso di laurea triennale, vedrà Tor Vergata capofila insieme agli atenei di Brescia, Torino, Bologna, Roma Tre, Napoli, Bari e Calabria. Il valore complessivo dei finanziamenti sarà di circa 2 milioni di euro, metà a carico dell'ente bilaterale e metà a carico degli atenei. «Il nostro obiettivo - ha spiegato Casasco - è dare un'opportunità concreta, attraverso un welfare attivo vero e non solo a parole, ai lavoratori metalmeccanici e ai loro figli che non hanno le condizioni economiche per affrontare l'università e laurearsi». Come ha ricordato il rettore dell'Università di Tor Vergata, Giuseppe Novelli, «mantenere oggi un figlio all'università costa 11.400 euro all'anno: un peso enorme per le famiglie».Di qui l'iniziativa dell'Ente bilaterale dei metalmeccanici, associazione industria-sindacati cui i contratti, in attuazione della legge Biagi, affidano le politiche di welfare. «Questa sperimentazione è figlia del contratto nazionale che è uno strumento insostituibile», ha sottolineato Landini rimarcando che «attraverso la bilateralità e con i contributi delle aziende si possono estendere i diritti delle persone che lavorano». Il segretario Fiom, a scanso di polemiche, ha voluto chiarire che l'accordo «vale per tutte le aziende che applicano il contratto Confapi e per i relativi lavoratori», non solo per i metalmeccanici Cgil.Le parole di Landini, come al solito, hanno un forte contenuto politico. In primo luogo, evidenziando come l'intesa si inserisca nel contratto nazionale ha rimandato un'altra volta al mittente la proposta di Federmeccanica-Confindustria che vorrebbe bypassare la questione degli aumenti contrattuali rimandandoli a livello aziendale e legandoli alla produttività, mentre a livello nazionale offre più copertura sanitaria e previdenziale. «Federmeccanica deve cambiare, siamo pronti alla mobilitazione», ha ribadito in vista dell'incontro di oggi. La seconda stoccata è stata riservata al premier Matteo Renzi. «Speriamo che le politiche del governo favoriscano queste strade», ha dichiarato alludendo all'accordo siglato ieri.Se Landini è stato volutamente generico, Casasco è entrato più nel dettaglio. «La logica della contrattazione basata sull'euro in più o l'euro in meno è ristretta», ha chiosato aggiungendo che «bisogna avere una visione più ampia del sistema: non si tratta di slide e annunci, ma di un modo per migliorare le aziende e il Paese». Le solite barricate si possono evitare. Palazzo Chigi, al contrario, sembra voler accentuare la contrapposizione. Detassando ampiamente gli incrementi contrattuali si accontenterebbe il sindacato che, da parte sua, è disposto a una maggiore flessibilità. Un primo banco di prova potrebbe essere un fronte comune per mantenere la Cig in deroga (destinata a cessare il primo gennaio 2017) per le aziende fino a 5 dipendenti. Per Landini sarebbe anche un modo di uscire dall'impasse, dopo l'insuccesso della sua proposta politica alternativa al renzismo, riproponendosi in una nuova veste meno oltranzista.

Difficilmente, però, Matteo Renzi agevolerà intese che non possa rivendicare in prima persona attribuendosi il merito di aver sconfitto il nemico o il gufo di turno.

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