Politica

Retromarcia su Roma

Fuga dalla Raggi, si dimettono assessore e dirigenti. Con l'antipolitica non si governa

Retromarcia su Roma

Quello che si temeva è accaduto. Non basta essere giovani, «nuovi», carini, o carine, e apparentemente integerrimi per governare, tanto più se parliamo di Roma che, oltre a essere la Capitale d’Italia, è una delle più grandi e malmesse aziende del Paese. L’onda grillina sbatte violentemente contro lo scoglio della realtà dell’amministrare e del fare politica, cosa peraltro già accaduta in quasi tutte le città conquistate tempo addietro. In poche ore hanno abbandonato la nave della Raggi la sua capo di gabinetto, l’assessore alle Finanze, i vertici delle due grandi municipalizzate, quella dei trasporti e quella della nettezza urbana. Tutti dimissionari, stritolati dalle faide tra le correnti Cinquestelle, dalla caccia alle streghe del moralismo grillino, dall’inadeguatezza della caposquadra a navigare in un mare popolato da squali.

Dalla «marcia su Roma» alla «retromarcia su Roma» il passo è stato più breve del previsto. A tre mesi dalla schiacciante vittoria elettorale il bilancio dei Cinquestelle di governo è fallimentare. Non solo c’è da rifare lo stato maggiore della Capitale ma, cosa più grave, l’immobilismo amministrativo è totale su tutti i fronti. Fino ad ora la giunta non ha preso una che sia una decisione significativa, non ha saputo neppure dire un sì o un no sulla candidatura olimpica. È tutto un «vedremo», «faremo ma anche no». Ora Di Maio e i soci pescati a caso in internet gridano al complotto. «Ovvio, abbiamo toccato i poteri forti», si lamentano e giustificano. Ma la verità è che non hanno toccato palla, semplicemente perché non sanno giocare. Se non a parole, come gli italiani pallonari che si sentono e professano tutti commissari tecnici della Nazionale anche se non hanno mai centrato una volta la porta in vita loro.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo non solo il mare: servono esperienza, competenza, relazioni e progetti concreti, non slogan, utopie e moralismi. Dopo aver subito la sciagurata stagione di Marino e del Pd, ora Roma rischia di impantanarsi nell’immobilismo felice teorizzato da Grillo.

Antipasto di quello che potrebbe essere l’Italia se finisse nelle mani di questi ragazzi belli e pieni di vitalità, che bucano lo schermo quando appaiono (senza contraddittorio) in tv ma che probabilmente, messi alla prova, sanno fare solo buchi nell’acqua.

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