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Riace, il sindaco saluta con il pugno chiuso. E Salvini invoca il Colle

Manifestazione sotto casa del primo cittadino agli arresti. Il ministro: "Mattarella tace?"

Riace, il sindaco saluta con il pugno chiuso. E Salvini invoca il Colle

Se avesse detto anche un semplice ciao, avrebbe rischiato grosso, visto che essendo agli arresti domiciliari non può incontrare nessuno tranne i familiari e i difensori. Così Domenico Lucano, sindaco di Riace, si è limitato ad affacciarsi al balcone, a salutare col pugno chiuso le migliaia di persone che gli sfilavano sotto casa, e ad incassare la manifestazione di solidarietà organizzata da una lunga lista di sigle, con nelle prime file l'ex presidente della Camera Laura Boldrini. Un appoggio che però non modifica la situazione processuale del sindaco, che anzi potrebbe a breve aggravarsi: la prossima settimana il tribunale del Riesame di Locri dovrebbe iniziare l'esame del ricorso della Procura, che punta ad estendere ad altre imputazioni l'ordinanza di custodia spiccata contro il primo cittadino. Alle accuse di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina potrebbero aggiungersi, se la richiesta venisse accolta, quelle di concussione e malversazione.

Allo stato, Lucano sembra davanti ad una scelta difficile: rivendicare il proprio operato, ammettendo di avere violato la legge, e sostenendo di averlo fatto a fini umanitari; o difendersi nel concreto dalle accuse che gli vengono mosse, cercando di dimostrare la propria innocenza. Non è una scelta semplice. A margine del corteo di ieri c'era chi, come don Ennio Stamile, coordinatore regionale di Libera, imboccava a nome del sindaco risolutamente la prima strada: «La coscienza impone anche che si può disobbedire ad alcune norme». Ma non è detto che Lucano condivida questa impostazione, magari coraggiosa ma processualmente quasi suicida: anche perché al sindaco non viene contestata la violazione solo della legge sull'immigrazione, ma anche di norme di criminalità comune previste dal codice penale contro le quali ben difficilmente potrebbe invocare il diritto all'«obiezione di coscienza» di cui parla ieri il sacerdote. Più cautamente, infatti, Laura Boldrini si dichiara «fiduciosa che Lucano saprà dimostrare la sua totale estraneità alle accuse». Dalle carte dell'indagine, peraltro, si apprende che Lucano si era reso conto di muoversi sul crinale dell'illegalità, tanto che il 15 settembre dello scorso anno presentò un'istanza in Procura chiedendo di sapere se il suo nome era stato iscritto nel registro degli indagati. L'iscrizione era effettivamente avvenuta già dal maggio dell'anno precedente, anche se solo per il reato di abuso d'ufficio: ma il pm Vincenzo Toscano, «per impedire il pericolo di inquinamento probatorio», dispose che al sindaco si rispondesse: «non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione».

Nel frattempo il corteo di Riace solleva le ironie del ministro dell'Interno Matteo Salvini, che traccia un parallelo tra le contestazioni subite dalla Procura di Locri per avere arrestato Lucano, e la vicenda della nave Diciotti, per la quale egli stesso ricevette un avviso di garanzia dalla Procura di Catania. Andò a finire che Salvini criticò la magistratura e questo sollevò le proteste dell'Anm. «Quando scoppiò il caso Diciotti - ricorda ieri Salvini - l'Anm difese il pm tuonando basta interferenze, mentre Mattarella ricordò che nessuno è al di sopra della legge.

Ora diranno le stesse cose?».

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