Cronache

Riaffiorano affreschi dei tempi della peste: dopo 400 anni la santa può rivedere la luce

La sensazionale scoperta nel corso del restauro della chiesa di San Nicola

Riaffiorano affreschi dei tempi della peste: dopo 400 anni la santa può rivedere la luce

Almenno San Salvatore (Almèn in dialetto bergamasco ) è un comune lombardo di poco meno di 6000 anime a 328 metri d'altezza sul livello del mare. Gli almanacchi segnano un paio di cose interessanti, tra cui la disputa tra Guelfi e Ghibellini nel 1393. Da qui passarono Celti, Galli e Romani. Nel 2016 la chiesa di Santa Maria della Consolazione (detta di san Nicola) è stata votata come Luogo del Cuore Fai da oltre 30mila persone. Nessuno via ha mai detto nulla, però, degli affreschi. E il perchè sta nella sofferta storia di questa chiesa medievale che continua a perdere pezzi dal soffitto e dove c'è sempre il pienone quando vibra possente l'organo Antegnati.

Dicevamo della storia. Pare che ai tempi della Peste (1630) San Nicola funzionasse da lazzaretto. Per motivi di igiene le pareti erano state coperte da strati di calce. Ebbene, dopo quasi 400 anni questi strati stanno per essere levati definitivamente. E già affiora qualcosa di prezioso . Il tutto casualmente visto che la chiesa era in ristrutturazione.

La notizia - uscita sulle pagine locali de Il Corriere della Sera - mostra le prime immagini di una donna sulla sessantina (e già che una volta gli anni si portavano diversamente). Il volto della santa, segnato dalle rughe e da uno sguardo di sofferenza, guarda dall'alto la navata di San Nicola, in attesa che anche il resto degli affreschi sepolti dalla coltre bianca si risveglino e tornino a mostrare i loro colori originari. Pare fossero tutti certi che sotto la calce covasse qualcosa di importante. Ma, riferisce sempre il Corriere, per averne conferma sono serviti i primi interventi di rimozione su tratti fra i venti centimetri e il mezzo metro quadrato, eseguiti in vista della messa in sicurezza del soffitto della chiesa di Almenno San Salvatore. Dagli strumenti del restauratore Tiziano Villa è così emerso il volto della santa (non è possibile capire chi sia, ma doveva essere fra quelle conosciute dagli agostiniani proprietari del monastero), l'inizio della scritta «S.ta», e poi fregi, decorazioni, colonne con vegetazione, parti di rosoni dipinti che facevano simmetria con quelli veri sul lato opposto. Si trovano ad altezze fra i 6 e i 14 metri e sono visibili ai visitatori. Ma chissà quando sarà possibile fare riaffiorare dalla calce tutti quegli affreschi rinascimentali. «Servirebbero fondi su cui per ora non possiamo fare affidamanto - commenta Nicola Cremonesi della Fondazione Lemine -. Adesso stiamo lavorando all'intervento più urgente, cioè il salvataggio di un migliaio delle 1500 formelle che costellano il soffitto della chiesa e che rischiano il distacco». Cremonesi fa sapere che l'intervento sarà effettuato prima e dopo il freddo invernale che renderebbe tutto inutile. La fase più urgente è quella della messa in sicurezza: prima con lo scanner dell'università di Brescia saranno analizzate le condizioni delle formelle, e serviranno tre giorni per i rilievi e una decina per le analisi. Poi si passerà all'intervento da effettuare con un braccio meccanico. A secondo del livello di gravità saranno posati sulle formelle strati di carta velina o una piastra ancorata alle fughe. Si tratta di un intervento da 12 mila euro per il quale la Fondazione chiede aiuto al Fai. È seguito dalla Soprintendenza che vuole accelerare i tempi. Entro la fine di novembre la chiesa dovrebbe tornare agibile. Nella seconda fase sarà installata un'impalcatura per il restauro vero e proprio, per il quale serviranno però 190 mila euro.

Si farà in primavera, nessuno ne dubita.

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