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Quel ricatto italiano sulla Turchia che serve a sbloccare la "bad bank"

Tra le varie rimostranze mosse ieri dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, c'è anche lo stop imposto da Roma ai sussidi ad Ankara per la gestione dell'emergenza migranti

Quel ricatto italiano sulla Turchia che serve a sbloccare la "bad bank"

«Ho difficoltà a capire la riserva stupefacente dell'Italia a finanziare i 3 miliardi alla Turchia, perché questi non vanno alla Turchia stessa ma per i rifugiati siriani in Turchia». Tra le varie rimostranze mosse ieri dal presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, c'è anche lo stop imposto da Roma ai sussidi ad Ankara per la gestione dell'emergenza migranti. Renzi ha capito bene che, se non gioca ai ricatti incrociati con Bruxelles, le prerogative italiane rischiano di continuare a essere calpestate. E così, come sulla questione delle sanzioni alla Russia per la crisi ucraina, si è deciso di creare un collo di bottiglia al processo decisionale comunitario.

Generalmente questi mezzi di persuasione vengono usati su questioni di natura più strettamente economico-finanziaria e non su temi di primaria rilevanza. Renzi, però, vi ha puntato tutte le fiches. Per due motivi. In primo luogo, il pressing servirà a sbloccare la garanzia europea sui depositi e quella italiana sulla bad bank, necessaria a liberare gli istituti da 200 miliardi di sofferenze bancarie che ostacolano la normale erogazione del credito in Italia. In secondo luogo, rimettere il dossier accoglienza alla Turchia di Erdogan significherebbe lasciare scoperte Italia e Grecia che sono i punti di arrivo dei rifugiati in Europa. La Germania e i Paesi del Nord, convinti che i siriani possano essere confinati in quell'area, vogliono pertanto lasciar passare in cavalleria la questione dei ricollocamenti.

Ecco perché su questo tema Juncker ha usato il bastone e la carota stigmatizzando la decisione di sospendere il Trattato di Schengen sulla libera circolazione da parte di alcuni Stati. «La fine di Schengen rischierà di mettere fine all'Unione economica e monetaria e il problema della disoccupazione diventerà ancora più importante, bisogna guardare alle cose nel loro insieme», ha aggiunto Juncker, sottolineando che «i controlli alle frontiere tra Svezia e Danimarca costano 300 milioni di mancati introiti, e quelli tra Germania e Danimarca 90 milioni». Eppure il capo dell'esecutivo comunitario non ha mancato di rimarcare come «l'atmosfera tra l'Italia e la Commissione non è delle migliori» rimproverando a Renzi di lamentarsi che «non sono mai stato in Italia da quando sono diventato presidente della Commissione, mentre ho avuto con lui un bilaterale a Cipro».

La tensione resta molto elevata.

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