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Quel richiamo a farsi ponte nel Paese invaso

Quel richiamo a farsi ponte nel Paese invaso

Mentre viene diffusa la notizia dell'accordo con Pechino sulla nomina dei vescovi cattolici nella Cina comunista, il Papa sceglie la Lituania, prima tappa del suo viaggio nelle tre Repubbliche baltiche, per un accorato invito all'accoglienza dei diversi. Nel corso della sua Storia, ha detto Francesco nel suo discorso davanti alle autorità di Vilnius, «la Lituania ha saputo ospitare, accogliere, ricevere popoli di diverse etnie e religioni. Tutti hanno trovato in queste terre un posto per vivere: lituani, tartari, polacchi, russi, bielorussi, ucraini, armeni, tedeschi...; cattolici, ortodossi, protestanti, vetero-cattolici, musulmani, ebrei». Bergoglio ha affermato che uomini e donne di queste composite estrazioni «sono vissuti insieme e in pace fino all'arrivo delle ideologie totalitarie che spezzarono la capacità di ospitare e armonizzare le differenze, seminando violenza e diffidenza». E ha invitato a mantenere vivo «quanto di più autentico e originale vive in voi e che vi ha permesso di crescere e di non soccombere come Nazione: la tolleranza, l'ospitalità, il rispetto e la solidarietà». Parole scelte con attenzione e misura per non offendere nessuno, nello stile della Santa Sede. Fa un po' specie, ciononostante, sentir invitare un popolo come quello lituano, che ancora ospita in casa propria i discendenti dei suoi più recenti occupanti (l'Unione Sovietica levò le tende solo nel 1991, dopo aver deportato in Siberia in epoca staliniana un totale di circa 700mila baltici e averli rimpiazzati con russi che si comportavano da padroni in casa d'altri) a farsi «ponte tra Oriente e Occidente europeo». E chissà cosa dirà il Papa in Lettonia e in Estonia, dove la minoranza russa è molto più numerosa.

Gode di pochi diritti, è vero, ma ha fatto ben poco per farsi voler bene, e andrebbe pur ricordato.

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