Politica

Rifiuti tossici vicino a scuola «I bambini possono morire»

Sei arresti in Toscana. Seppellivano scarti pericolosi con quelli ordinari. La Regione truffata per 4 milioni

Marco Gemelli

Firenze «I bambini vicini ai rifiuti vanno all'ospedale? Che muoiano». E giù risate tra i presenti. È uno dei passaggi più agghiaccianti delle intercettazioni che ieri hanno portato la Dda di Firenze e i carabinieri forestali ad arrestare sei persone per smaltimento illegale di rifiuti. Parlando a proposito di una discarica situata vicino a una scuola, uno degli arrestati si è lasciato andare a considerazioni choc: «Ci mancavano anche i bambini che vanno all'ospedale... che muoiano i bambini, non mi importa che si sentano male. I rifiuti li scaricherei in mezzo alla strada». L'odiosa intercettazione che ricalca quella degli imprenditori che festeggiavano al telefono dopo i terremoti dell'Aquila e di Amatrice, pregustando affari d'oro con la ricostruzione è stata acquisita nell'inchiesta sul traffico di rifiuti in Toscana che ha portato in manette sei persone (più altre 50 che risultano indagate) e svelato lo smaltimento abusivo di oltre 200mila tonnellate di spazzatura proveniente da diverse regioni d'Italia. In particolare i rifiuti, tra cui non mancano quelli industriali e pericolosi, erano stati dichiarati «puliti» da un gruppo di aziende truffaldine e di conseguenza spediti in discarica senza alcuna protezione per la salute pubblica. Oltre alle sei misure di arresti domiciliari, l'indagine sullo smaltimento dei rifiuti ha portato anche a cinque misure interdittive a carico di manager, funzionari e impiegati accusati a vario titolo di associazione a delinquere, traffico di rifiuti e truffa aggravata ai danni della Regione Toscana. Ai domiciliari sono finiti Emiliano Lonzi, Stefano Fulceri, Marco Palandri, Anna Mancini, Stefano Lena e Alessandro Bertini.

Sono state inoltre posti sotto sequestro i beni di due aziende livornesi, la Lonzi Metalli srl e la Rari srl: in base alle accuse, all'interno dei loro stabilimenti i rifiuti pericolosi (soprattutto quelli ferrosi) non venivano smaltiti secondo quanto prevedono i protocolli ma semplicemente triturati o mescolati ad altri per non destare sospetti e massimizzare i profitti. La sfrontatezza con cui operavano gli indagati, secondo la Direzione antimafia, era tale che in alcuni casi la spazzatura speciale stracci imbevuti di sostanze tossiche, filtri olio motore e toner di stampanti - non veniva nemmeno mascherata. In questo modo, ad esempio, grazie allo smaltimento irregolare le aziende pagavano una tassa regionale sulla nettezza molto più bassa del dovuto: a conti fatti, la Regione Toscana avrebbe ottenuto un mancato introito di circa 4,5 milioni di euro solo negli anni 2015 e 2016, mentre le imprese coinvolte nella truffa avrebbero incassato circa 26 milioni di euro. Tre tir di scarti pericolosi a settimana arrivava nelle discariche da una ditta di Prato, la Fbn: le telecamere nascoste hanno mostrato che gli indagati si limitavano a far transitare i mezzi nei cortili delle ditte di smaltimento senza far seguire alcun trattamento.

Nei guai sono finite anche due discariche toscane: l'ex sostituto procuratore della Dda, Ettore Squillace Greco, ha messo nel mirino la Rea di Rosignano Marittimo e la Rimateria di Piombino (Livorno) - entrambe partecipate dalle amministrazioni locali alcuni cui dipendenti sono stati raggiunti da misure interdittive per un anno da qualsiasi attività professionale nel settore dei rifiuti.

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