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La riforma bluff degli statali: colpito solo un magistrato

Il testo del ministro Madia prevede che le toghe in aspettativa non possano rivestire altri incarichi per lo Stato. Ma in Italia c'è un unico caso, quello di Italo Volpe

La riforma bluff degli statali: colpito solo un magistrato

Sulla carta le intenzioni erano auliche. La riforma della Pubblica amministrazione avrebbe dovuto cambiare volto al Paese. Svecchiare le strutture. Renderle più adeguate ai tempi.

Invece, la furia iconoclasta che avrebbe dovuto colpire ogni rendita di posizione di magistrati, militari, professori universitari si è trasformata nell'ennesima legge «ad personam». O meglio, «contra personam». Vale a dire, che la riforma della pubblica amministrazione applicata ai magistrati colpisce solo una persona: Italo Volpe.

Chi è? È un magistrato amministrativo in aspettativa che per anni è stato il capo ufficio legislativo del ministero dell'Economia. Con Giulio Tremonti, ma anche con Domenico Siniscalco, Vincenzo Visco, Mario Monti e Vittorio Grilli.

Dall'aprile dello scorso anno è traslocato alla guida della direzione normativa e degli Affari legali dei Monopoli dello Stato.

Dal prossimo settembre, in base all'emendamento presentato al decreto sulla riforma della Pubblica amministrazione, dovrà rientrare nei ranghi della magistratura amministrativa. E non potrà più utilizzare l'aspettativa dall'incarico per rivestire altri ruoli nella pubblica amministrazione.

E sarà l'unico a doverlo fare.

Originariamente, la norma colpiva anche un altro magistrato in aspettativa, Domenico Carcano: capo ufficio legislativo del ministero della Giustizia. Ma lo stesso Carcano ha già fatto sapere al Csm di voler rientrare in magistratura.

Quindi, l'unico colpito dalla riforma Madia sarà solo Italo Volpe.

Piccolo particolare. L'emendamento che lo colpisce era ben noto allo staff del ministro della Funzione pubblica. Tant'è che tre settimane fa, scoperto che la misura avrebbe riguardato solo lui, a Palazzo Vidoni avevano deciso di lasciar correre. Poi, l'altra sera l'emendamento è spuntato a sorpresa.

Altro elemento non secondario. Da un punto di vista gerarchico, Volpe dipende dal ministero dell'Economia. Dicastero con il quale collabora alla stesura dei decreti delegati relativi alla delega fiscale.

Quindi, se volevano rimuoverlo dalla posizione ai Monopoli sarebbe stato sufficiente che il ministro Padoan, o il suo capo di gabinetto chiedesse a Volpe di farsi da parte. Invece, ora la sua rimozione viene stabilita per legge.

Legge, però, che manca di copertura finanziaria. Già perché l'incarico e il contratto di Volpe ai Monopoli è di natura privatistica. E scade nel 2016.

Ne consegue che se il Parlamento lo rimuove con una legge, deve anche rispettare la natura privatistica (ed economica) della chiusura anticipata del contratto. Ma la norma approvata l'altra sera non contiene alcun elemento di copertura finanziaria relativa alla sua rimozione.

Paradosso dei paradossi, Giulio Tremonti considerava Italo Volpe come un professionista con simpatie a sinistra. Forse per via della sua collaborazione con Visco, quando questo era vice ministro all'Economia. Ma lo aveva ugualmente confermato nell'incarico di capo ufficio legislativo.

D'altra parte, quando era Volpe a scrivere i provvedimenti economici del governo, questi non restavano due settimane al Quirinale.

Come invece è successo proprio per la riforma iconoclasta (solo sulla carta) della Pubblica amministrazione, firmata da Marianna Madia.

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