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"È una riforma scellerata. Apre a processi infiniti"

Il magistrato: «Danneggia anche le vittime, che vedranno i risarcimenti solo a sentenza definitiva»

"È una riforma scellerata. Apre a processi infiniti"

Dottor Nordio, facciamo finta che la nuova legge sulla prescrizione venga approvata oggi. Cosa accadrebbe da domani nei tribunali di tutta Italia?

«Vede, io sono stato molto critico verso la mia categoria ma so che i magistrati, checché se ne dica, lavorano. E lavorano anche perché sono ossessionati dalla paura della prescrizione. Quando lasciano che un processo si prescriva devono giustificarsi, rischiano procedimenti disciplinari, se hanno coscienza si sentono in colpa. Se questa pressione morale e disciplinare viene meno, se la prenderanno più comoda. I tempi dei processi si allungheranno a dismisura, e questo sarà un dramma non solo per gli imputati ma anche per le vittime».

Carlo Nordio ha portato la toga per quarant'anni, chiudendo la carriera come procuratore aggiunto a Venezia. Sui pregi e i difetti della giustizia italiana ha da sempre un occhio critico e disincantato. Il suo giudizio sulla incombente riforma (che è quasi una abrogazione) della prescrizione è una condanna severa.

Perché dice che ci andranno di mezzo anche le vittime?

«Perché fino alla sentenza definitiva non otterranno alcun risarcimento. Con tempi allungati all'infinito, i risarcimenti li vedranno i figli o i nipoti delle vittime».

Ma allo scandalo dei processi inghiottiti dalla prescrizione un rimedio andava pur trovato.

«Indubbiamente. Ma questa legge è un rimedio peggiore del male. L'aggettivo più adeguato lo ha impiegato la senatrice Bartolozzi, che è un magistrato: un provvedimento scellerato. E oltretutto palesemente incostituzionale».

Perché?

«Perché abolendo la prescrizione dopo la sentenza di primo grado apre la porta a processi dalla durata infinita, e questo va a sbattere contro l'articolo della Costituzione che prevede una ragionevole durata dei processi. Le inefficienze del sistema verranno scaricate tutte sull'imputato, il poveretto verrà tenuto sulla graticola senza limiti di tempo. Parliamo di persone che hanno diritto alla presunzione d'innocenza, e la cui esistenza verrà condizionata per anni dalla pendenza del processo. Da questo punto d vista, l'aspetto più stravagante del disegno di legge è che la prescrizione si interrompa anche dopo una sentenza di assoluzione in primo grado: ma come, un giudice ha stabilito che sono innocente, quindi la mia presunzione d'innocenza è raddoppiata, e io devo aspettare a vita i tempi dell'appello e della Cassazione? Non sta né in cielo né in terra».

E allora quale sarebbe il rimedio?

«Semplice: iniziamo a calcolare la prescrizione non dal momento del reato ma da quando si scopre che un reato vi è stato. I reati dei colletti bianchi, come i finanziamenti illeciti o i falsi in bilancio, spesso vengono alla luce ad anni di distanza: e poiché si prescrivono in sette anni, magari restano tre o quattro anni per fare le indagini, il primo grado, l'appello e la Cassazione. Praticamente impossibile. Computare la prescrizione dal giorno in cui si apre un fascicolo d'indagine sarebbe la giusta mediazione tra la pretesa punitiva dello Stato e i diritti civili dell'imputato».

Oggi la prescrizione è in realtà un comodo strumento per i pm per liberarsi delle inchieste che non gli interessano: li chiudono in un armadio, e li tirano fuori solo al momento di archiviarli. Anche questo è uno scandalo.

«Verissimo. Ma fino a quando un pubblico ministero ha l'obbligo di indagare su qualunque notizia di reato, e si ritrova con duemila o tremila fascicoli sul tavolo, sarà lui a decidere arbitrariamente quali portare avanti e quali lasciare prescrivere. Il Csm e alcuni procuratori hanno provato a indicare delle priorità, ma in realtà ogni pm può fare quello che vuole perché la Costituzione dice che l'azione penale è obbligatoria, senza distinzioni. Siamo l'unico paese al mondo dove un processo penale di tipo accusatorio prevede anche l'obbligo dell'azione penale. Un gravissimo errore tecnico.

La giustizia italiana oggi è una Ferrari con il motore di una 500: si ingolfa per forza».

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