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Riforme, pensioni, scuola: il governo va al rischiatutto

A Palazzo Madama la fronda Pd mette in bilico le leggi che il premier vuole approvare entro la pausa estiva. E alla Camera i democratici chiedono il rinnovo delle commissioni

Riforme, pensioni, scuola: il governo va al rischiatutto

C'è il classico ingorgo di luglio con cui fare i conti. Ma anche il problema dei numeri ballerini e dei mal di pancia a intensità variabile della sinistra Pd.

Matteo Renzi si appresta ad affrontare le forche caudine dei numeri ballerini del Senato ben consapevole del pericolo di finire nelle secche parlamentari di Palazzo Madama. Qui ci si appresta ad affrontare lo sprint finale prima della pausa estiva, fissata per l'8 agosto. Il pallottoliere è ricco di variabili. La maggioranza al Senato, infatti, è tutt'altro che blindata e i riflettori sono puntati sui 25 senatori Pd schierati all'opposizione. L'attenzione è rivolta naturalmente al provvedimento politicamente più delicato: il ddl Riforme. Oggi in commissione Affari costituzionali ci sarà la relazione della presidente Anna Finocchiaro, il «colpo di pistola» che farà scattare l'inizio del penultimo giro (poi sarà la volta del via libera finale di Montecitorio) del nuovo Senato. La tensione è palpabile tra Palazzo Chigi e Via del Nazareno e ieri Renzi ha iniziato ad affrontare la questione con Maria Elena Boschi e i capigruppo dem di Camera e Senato, Ettore Rosato e Luigi Zanda, anche perché già in Commissione ci si muove teoricamente sulla perfetta parità: 14 contro 14.

Il premier deve fare i conti con l'affastellarsi di provvedimenti inderogabili, decreti da convertire definitivamente a pena di decadenza: scuola, enti territoriali, pensioni, terzo settore, sblocco dello stabilimento Fincantieri di Monfalcone e Ilva di Taranto, così come va approvato il bilancio di Palazzo Madama. Senza dimenticare le unioni civili e la riforma della Rai, anche se in base agli ultimi rumours , le prime potrebbero essere rinviate all'autunno così da non ingolfare il Senato con una serie di prove di fuoco ad alto rischio (in questo caso l'incrocio pericoloso sarebbe quello con i cattolici di Ncd). Stesso discorso per quanto riguarda il rinnovo delle commissioni. Il capogruppo Pd alla Camera, Rosato, a questo proposito ha chiesto a Laura Boldrini, di convocare una riunione dei capigruppo per decidere una nuova data per il rinnovo delle commissioni, fissato inizialmente per domani.

Il vero allarme rosso, comunque, è quello legato al ddl Riforme. Il timore di atti dimostrativi da parte della sinistra Pd esiste e c'è anche chi ipotizza che il referendum greco possa attizzare i bollenti spiriti. Ragion per cui giovedì alle 8 Renzi ha convocato la segreteria del partito per tastare il polso e dedicarsi all'ascolto. Renzi spera, infatti, di recuperare almeno la metà dei malpancisti, così come dovrà capire quale esito avranno le richieste di arresto per due senatori dell'Ncd, Antonio Azzollini e Giovanni Bilardi.

Il premier è davanti a un bivio: o accetta le proposte di modifica del testo avanzate dalla minoranza Pd oppure tenta la strada del «rischiatutto» e della caccia al singolo voto, cercando sostegno tra i cinque-sei senatori vicini a Denis Verdini o tra gli ex grillini. La minoranza Pd vuole tornare a una qualche forma di elezione popolare dei futuri senatori, con un minilistino in cui scegliere quali consiglieri regionali inviare al Senato. L'accordo con la sinistra Pd consentirebbe di stringere i tempi e blinderebbe il vero obiettivo renziano: votare il referendum confermativo in coincidenza con l' election day delle grandi città previsto per il giugno 2016.

Una soluzione utile a costruire un «traino» politico per consultazioni che si annunciano delicatissime.

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