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Riforme, domani il voto finale sul ddl. Ancora bagarre in Senato

Terminate le votazioni su articoli ed emendamenti. Oggi ancora proteste dai Cinque Stelle

Riforme, domani il voto finale sul ddl. Ancora bagarre in Senato

I capigruppo al Senato avevano fissato per domani la chiusura dei lavori sulla riforma costituzionale e proprio domani arriverà il voto finale, mentre oggi l'Aula ha analizzato gli ultimi emendamenti. I parlamentari sono andati avanti spediti negli ultimi giorni, seguendo l'indicazione di procedere ad oltranza per arrivare ad esaurire tutte le questioni aperte sul ddl Boschi.

Anche oggi non sono mancate in Aula le critiche del Movimento 5 Stelle, che non ha partecipato alle votazioni. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha espulso Stefano Lucidi (M5S) per intemperanze, sospendendo l'Aula.

"Visto che è imbavagliato - ha detto, riferendosi alla protesta del parlamentare -, si accomodi fuori". Lucidi è stato fatto uscire dopo avere opposto resistenza ai commessi. I 5 Stelle sostengono, dal canto loro, che Grasso sia troppo accomodante con la maggioranza e tenga "atteggiamenti inaccettabili nei confronti dell'opposizione".

Tra i punti votati e approvati oggi l'eliminazione dei senatori a vita, fatta eccezioni per gli ex presidenti della Repubblica. La nomina da parte del Capo di Stato, che ha il diritto di indicare sette nomi di personalità che si siano distinte particolarmente, varrà soltanto per sette anni.

L'articolo 29 invece, approvato dall'Aula, darà maggiore autonomie alle regioni, a patto che dimostrino di essere virtuose, cioè "in condizione di equilibrio nel proprio bilancio tra le entrate e le spese". Ok anche al referendum propositivo in Costituzione, alle firme (250mila) per leggi di iniziativa popolare, al tetto agli stipendi dei consigli regionali.

Con il voto all'articolo 40 (positivo), si sono concluse intorno alle otto le operazioni di voto su articoli ed emendamenti. Domani sarà la volta delle dichiarazioni di voto finali sul testo.

L'Aula ha poi dato il via all'esame del decreto Competitività, su cui il governo ha posto e ottenuto la fiducia.

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