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Righe, quadri, citazioni E ora il passato è contemporaneo

Apre a Firenze il «Gucci Garden», all'interno l'Osteria dello chef stellato Massimo Bottura

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A Firenze è facile guardare dei bei palazzi carichi si storia ma ieri sera uno storico palazzo guardava la gente in piazza della Signoria. Alessandro Michele, direttore artistico di Gucci, ha infatti deciso di far proiettare un gigantesco occhio sulla trecentesca facciata del Palazzo della Mercanzia. Dentro è «sbocciato» Gucci Garden, un progetto molto simile alla sinestesia: la fusione di sensi, percezioni e stimoli diversi nella stessa via creativa. Al piano terra c'è un negozio unico: tutto quello che ci si trova viene disegnato e prodotto in esclusiva con un logo scritto a caratteri gotici. Da questo antro delle meraviglie passi alla libreria e da qui a GO, la Gucci Osteria ideata da Massimo Bottura, lo chef che ha conquistato le tre stelle Michelin con un'idea di cucina geniale: il pane secco può diventare un piatto di passatelli, la crosta è la parte più buona delle lasagne, ai fornelli bisogna avere la mentalità delle nostre nonne per inventare il nuovo. A coinvolgerlo è stato Marco Bizzarri, amministratore delegato del brand e suo ex compagno di banco.

«La professoressa di matematica diceva che noi due nella vita non avremmo fatto niente di buono» racconta spiegando poi che per mettere a punto l'Osteria Gucci ci sono voluti due anni di lavoro durante i quali ha capito che lui e Alessandro Michele hanno lo stesso metodo: guardare al passato in chiave creativa e non nostalgica. Lo capisci meglio visitando la cosiddetta Gucci Galleria al secondo e terzo piano: sei stanze delle meraviglie allestite dal critico d'arte Maria Luisa Frisa con un perfetto gioco di rimandi tra presente e passato.

I pezzi meravigliosi degli anni Settanta parlano lo stesso linguaggio di quelli creati da Tom Ford prima, da Frida Giannini poi e oggi da Alessandro Michele. Quest'ultimo rifiuta la parola museo e giustamente dice che in questo luogo vivo e mutante ci sono tutti gli indizi del passato: una cultura che è diventata pop come per magia.

Del resto basta un giro tra gli stand di Pitti Uomo per capire che le migliori collezioni nascono da sapienti rivisitazioni degli archivi. Prendiamo il caso di Woolrich John Rich & Bros, storico marchio americano rilevato da Cristina Calori, l'imprenditrice bolognese che ha inventato W.P. Lavori in Corso. Nato nel 1830, il brand produce da allora il tessuto Buffalo a grossi scacchi rossi e neri. In seguito ha inventato dei grandi classici del guardaroba tecnico antigelo: l'Artic Parka, l'Atlantic Parka e lo Smock Anorak. Da qui l'idea di una capsule collection creata in collaborazione con lo scozzese Jeff Griffin: 1830 pezzi in tutto con nuovi colori e proporzioni, ma sempre con le storiche forme e sopattutto il check. Sulla stessa linea la collezione di Sant'Andrea Milano, brand che a Fano nelle Marche produce strepitose confezioni sartoriali con numeri industriali. «Abbiamo 180 donne in grado di fare cose incredibili» dice l'amministratore delegato Pierluigi Canevelli. Guarda caso il check della giacca Principe di Galles viene dagli anni Settanta con i colori di oggi e il cashmere del magnifico paltò ghiaccio è Estrato cioè elasticizzato naturale.

Da Drumhor, brand nato nel 1770 in Scozia, il mitico motivo biscotto amato dall'avvocato Agnelli, cambia colore, diventa bordo o rigatura e un vecchio motivo jacquard scopre l'impatto del color block.

Perché la moda ha il dovere di essere nuova, ma la cultura non ha tempo.

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