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Rischio manovra correttiva Il governo si aggrappa alla Bce

I conti non tornano, su Pil Confindustria è in allarme Buffagni (M5s): se Draghi cambia linea siamo a posto

Rischio manovra correttiva Il governo si aggrappa alla Bce

I nodi relativi alla copertura sarebbero stati sciolti. Via libera dal ministero dell'Economia a reddito di cittadinanza e a «quota 100». Ieri, a poche ore dal Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare le due misure bandiera di M5s e Lega i nodi tecnici da sciogliere erano quelli relativi ai disabili e al Tfs.

Sul trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici le ultime limature riguardano gli interessi sull'anticipo della liquidazione. Non sarà solo a carico dello Stato, come avrebbero voluto i leader della maggioranza Matteo Salvini e Luigi Di Maio e anche il ministro della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno. Il costo finanziario dell'anticipo sarà in parte anche a carico dello stesso pensionato che usufruirà di «quota 100», cioè dell'uscita dal lavoro a 62 anni con 38 di contributi. Sui disabili c'è il pressing della Lega per ottenere qualcosa in più.

Ma i problemi di fondo del sussidio per i disoccupati e per l'anticipo della pensione sono ancora tutti da risolvere.

Nei palazzi del governo e anche dentro la maggioranza la prospettiva di una manovra correttiva da attuare tra tre o quattro mesi è data come altamente probabile.

Una correzione dei conti in primavera, con tagli o nuove entrate, e legata a due incognite. La prima è il costo effettivo della riforma previdenziale e del reddito. La platea degli interessati è tutt'altro che chiara. Il sussidio si presta ad abusi e la minaccia di controlli a tappeto non può fermarli del tutto. Da tempo sia il ministro dell'Economia Giovanni Tria sia il vicepremier Di Maio insistono sul ruolo della Guardia di finanza nell'attuazione della norma. Ma gli eventuali risparmi derivanti dai controlli non possono arginare la spesa iniziale.

Nei decreti potrebbero quindi spuntare meccanismi di salvaguardia per non sforare i tetti di spesa previsti dal fondo istituito con la legge di Bilancio. I due miliardi di euro di garanzia già previsti dalla finanziaria 2019 sono già da considerare utilizzati per fronteggiare le spese extra. Difficile che da soli siano sufficienti.

La seconda incognita è la crescita. Se il Pil dovesse essere molto inferiore all'1% previsto dalla manovra, tutto potrebbe cambiare.

Ipotesi sempre più probabile. Se da un lato le ultime stime dicono che il dato Istat sul Pil del quarto trimestre del 2018 potrebbe avere il segno più e quindi l'Italia non sarebbe ufficialmente in recessione, la crescita del 2019 sarà all'incirca la metà rispetto a quanto previsto dal Bilancio. Ieri Confcommercio ha stimato uno 0,4%. Se si considera il calo della fiducia delle famiglie e delle imprese, ha spiegato Renato Brunetta di Forza Italia, «le conseguenze saranno un aumento automatico dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil» che la Commissione Europea «potrebbe decidere di non vedere di buon occhio, considerando che i conti pubblici italiani sono attualmente sotto sorveglianza». Inevitabile a questo punto una «manovra correttiva».

A prevedere la necessità di una manovra anche l'ex ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e ieri il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia per il quale, in caso di crescita rallentata, servirà «un elemento di compensazione della manovra e qualcosa bisognerà fare». Non è d'accordo il sottosegretario alla Presidenza Stefano Buffagni. L'esponente M5s dice di «non vedere questo problema», semmai «c'è la necessità che cambi l'obiettivo della Bce».

L'auspicio è che l'Europa cambia linea. Anche il presidente della Commissione Juncker ha fatto autocritica per un eccesso di rigore.

Ma i tempi dell'Ue sono lunghi e difficilmente ci saranno cambiamenti entro la primavera.

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